giovedì 25 settembre 2008

Brunetta, Rotondi e Madama DiDoRé

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Oh quante belle figlie Madama Doré, oh quante belle figlie!



Parliamo della nuova proposta, a carattere esclusivamente personale, portata avanti dai Ministri Brunetta e Rotondi. Tale proposta non è infatti contemplata nel programma di Governo, e lo stesso Brunetta in più interviste ha ribadito che si tratta del frutto di una riflessione da Professore più che da Ministro. Professore di economia, nel suo caso.



Iniziamo dal nome. Di.Do.Re sta per Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi. E' la quarta proposta di regolamentazione delle unioni di fatto in Italia, dopo i PACS, i DiCo e i CUS. Non ha fatto grande notizia nell'opinione pubblica, anche se ha fatto infiammare per qualche secondo la componente teocratica del nostro Parlamento e ha lasciato invece sorpresa (per qualche secondo, anche qui) tutta l'opposizione.



Che la proposta dei due Ministri sia arrivata dal nulla e abbia provocato una certa dose di shock, lo dimostra che persino le associazioni gay siano rimaste in silenzio. Al contrario di ogni proposta avanzata in passato che suscitava approvazione o rifiuto estremi, i DiDoRé hanno messo tutti a tacere. Per due motivi: il primo, che la popolazione italiana (per il 75% favorevole ad una regolamentazione delle coppie di fatto) non si aspettava una tale proposta da un governo di centrodestra. Il secondo, che la popolazione gay italiana non si aspettava che tale proposta proveniente da un governo di centrodestra arrivasse a contemplare anche le unioni di fatto omosessuali.



Insomma, abbiamo sempre guardato alla laica anticlericale egualitaria Sinistra Arcobaleno per un provvedimento del genere e ce lo vediamo arrivare da due ministri laici del Popolo delle Libertà. Quando si dice che in life, you never know.



Brunetta è un grande. Non c'è altro da dire. Figlio di un venditore ambulante, come lui stesso ama spesso ribadire durante le interviste, si vede che è cresciuto con i propri mezzi e i propri sforzi. Pur essendo Professore di economia e Ministro, mantiene quella concretezza propria della classe media che rimane con i piedi per terra e non se la sta tanto a contare, tanto per dirla in termini dialettali. C'era da rimettere a posto la pubblica amministrazione e lui si è messo sotto in questa direzione, senza tante parole ma con tanti fatti, senza ipocrisia ma con misure dirette e concrete, ottenendo risultati già da subito.



Alla luce di questo suo ultimissimo sviluppo di carriera nel Governo Berlusconi IV, non c'è da meravigliarsi che una proposta sulle unioni di fatto arrivi da lui, insomma. Da rigoroso professore di economia qual è, considera i PACS e i DiCo una forma fallimentare di regolamentazione in quanto costituivano un carico ulteriore sulle spese del welfare statale. La proposta dei DiDoRé infatti non prevede la reversibilità della pensione per i conviventi. Prevede però il diritto, in caso di malattia, di visitare il convivente e
accudirlo. Di designarlo come rappresentante per le decisioni in
materia di salute, donazione degli organi, trattamento del corpo e
celebrazioni funerarie. Di succedergli nel contratto di locazione. Con il dovere di provvedere,
ad esempio, agli alimenti per un periodo proporzionale alla durata
della convivenza.



Nelle parole del Ministro Brunetta ci sono, a mio parere, tante cose positive (e innovative, se pensiamo al bigottismo diffuso nella politica italiana), ma anche altre che non condivido. Tra le cose positive e innovative, Brunetta ha affermato di essere totalmente laico, di non volere che lo Stato si infili sotto le lenzuola degli italiani (quindi includendo le coppie omosessuali nella regolamentazione delle unioni di fatto), di ritenere fondamentale il rispetto reciproco delle opinioni diverse, di non cercare lo scontro né con la politica né con la Chiesa.



Tra le cose negative invece, il Ministro ritiene la famiglia come definita dalla Costituzione, che non può prescindere dal matrimonio tra un uomo e una donna. Ritiene la famiglia un bene pubblico, e come tale destinatario del Welfare. Certo, poi afferma anche che esistono unioni che non sono beni pubblici ma che sono comunque beni e meritano l'attenzione e la tutela dello Stato.



Però qui mi fermo e mi chiedo: io gay che voglio costruire qualcosa con il mio compagno, non ho il diritto di essere considerato bene pubblico? Io che lavoro, che vivo nella legalità, che rispetto la legge, che magari non produrrò figli ma che contribuirò con la mia vita a rendere migliore l'economia, piuttosto che la politica, o l'ambiente o qualsiasi altra cosa di cui deciderò di occuparmi, io non merito la stessa considerazione di un padre di famiglia, di un marito, di un uomo eterosessuale?



La solita domanda di sempre, insomma.



E poi mi imbestialisco quando penso ai casi di famiglie che, pur malsane, sono tutelate dalla legislazione in quanto beni pubblici. Il marito che picchia la moglie e i figli, che non permette alla moglie di lavorare, che sfrutta i figli, e che magari ha anche legami con attività mafiose, e che alla fine è considerato bene pubblico solo perché è eterosessuale, sposato e con potenziale prole al seguito.



Ma come posso io non avere i suoi stessi diritti?



Certo, se la proposta diventasse legge sarebbe comunque un passo da gigante in avanti qui, in Italia, terra del Vaticanesimo più intransigente. Tuttavia, da persona intelligente qual è, Brunetta ha già anticipato che non intende lottare per far passare la proposta con il rischio di scatenare una guerra civile. Sa benissimo che i teocratici in Parlamento sono tanti, i cattolici ancor di più, e sono sia a destra sia a sinistra, e si infiammano appena vengono proposti diritti in più per qualsiasi essere vivente che non sia contemplato nella Bibbia. Da uomo concreto e con i piedi per terra, ha affermato: "se la proposta porterà allo scontro, io rinuncio: il paese ha ben altri problemi, e il lavoro non ci manca". Come dargli torto?



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