domenica 21 settembre 2008

(d)istruzione italiana: l'antidoto Gelmini

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Non so voi, ma secondo me la Gelmini è un ministro strepitoso. E' eretta, rigida, composta, forbita e ha degli occhiali a dir poco meravigliosi. E un sorriso invidiabile. E' passata nell'ultima estate attraverso una protesta dopo l'altra, si è fermata innumerevoli volte a precisare quello che aveva detto, a interpretare ciò che era stato disinterpretato, a rimbeccare gli ubriaconi che le davano ragione per poi remarle contro un secondo dopo, ma è andata dritta per la sua strada.



Ho appena letto l'articolo su lastampa.it dell'intervista di Paola Mastrocola (il cui stile effervescente ho apprezzato parecchio) al Ministro e mi sono convinto ancora di più della bontà della missione di questa signorina lombarda dalle montature sgargianti. Non so come si possa criticarla per avere idee retrograde.



Partiamo dalle basi. Immedesimiamoci in lei. Partiamo da dove parte lei. Da una scuola nazionale i cui fondi sono spesi al 97% per pagare gli stipendi degli insegnanti. Praticamente la scuola italiana è rimasta ferma per quanto? per vent'anni? in questa situazione in cui non ci sono soldi per fare nessunissima altra cosa. Abbiamo voglia a lamentarci che la scuola in Italia è rimasta indietro, e grazie non ci sono fondi per farla progredire.



Con una scuola che è fra le ultime in Europa in termini di qualità, peggio di così non può proprio andare. Ed è una situazione negativa per tutti, da qualunque punto di vista la si guardi. Gli insegnanti hanno le palle piene di lavorare tanto per uno stipendio da fame, ed è proprio vero che l'insegnante migliore è quello che ha vocazione: quelli che la vocazione non la hanno non sono neanche invogliati a impegnarsi più di tanto. E così gli studenti si ritrovano a seguire le lezioni di questi insegnanti demotivati in aule in stato di degenero (io mi ricordo il mio primo anno nello scantinato del mio liceo la nostra aula non aveva neanche il riscaldamento... e d'inverno la temperatura non era proprio da tropici, ve lo posso assicurare), lamentandosi per la qualità delle infrastrutture che in effetti cadono proprio a pezzi. E certo, non ci sono i soldi per riparare nulla, vanno tutti agli insegnanti e per giunta senza nemmeno riuscire a riempire le loro tasche.



Ma allora cosa faremmo noi al posto di Mariastella? Cosa si fa in questi casi?




Si taglia il tagliabile.



Una delle affermazioni della Gelmini che più mi è piaciuta è stata nel periodo iniziale del suo pacchetto di proposte. In occasione dei tagli degli 87mila posti aveva detto che preferiva avere un numero minore di insegnanti ma che fossero meglio pagati, e io non potrei essere più d'accordo. E trovo giusta anche l'idea di guardare e modellare la scuola in funzione degli alunni, non del tasso di disoccupazione del paese. Trovo che le sue proposte di razionalizzazione possano funzionare, in particolare l'idea di favorire i comprensori di scuole che radunino materna, elementare e media sotto un unico istituto: avete un'idea di quante risorse gestionali si risparmierebbero con un solo preside invece di tre, un solo apparato amministrativo invece di tre? Poi finalmente la volontà di introdurre la meritocrazia nel sistema di istruzione italiano, e speriamo che questa volontà si traduca presto in fatti concreti.



Quindi mi stupisco che la gente protesti. E che la sinistra protesti. Ma perché? La Gelmini non cerca di razionalizzare la gestione per trovare le risorse e mettersele in tasca, ma perché queste risorse risparmiate possano essere investite per uno sviluppo futuro più all'avanguardia di quanto il presente della scuola italiana sia mai stato.



Certo, c'è il pericolo, come sottolineato nell'articolo di Paola Mastrocola, che la corda poi venga tirata troppo a favore del punto di vista economico a scapito di quello didattico. Che vengano più usati parametri economici per valutare le scuole senza considerare i parametri meno quantificabili ma più importanti della didattica. Credo tuttavia che sia ancora troppo presto per entrare in stato di allerta. Soprattutto visto che, ora come ora, la scuola così com'è è completamente ferma. Non c'è nessuno che tiri la corda né da una parte né tantomeno dall'altra.



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