sabato 14 febbraio 2009

Aboliamo le province

Province
Con l'avvicinarsi delle elezioni provinciali di giugno (in concomitanza con le Europee), ho pensato di aiutare a diffondere nel mio piccolo questa iniziativa che seguo da tempo relativa all'abolizione delle province.



Innanzitutto vediamo come e perché.



Le province sono enti politicamente inutili. Pensiamo alla sovrapposizione tra comuni, province e regioni e a quante figure e ruoli identici troviamo nelle tre istituzioni. Se contiamo che in Italia ci sono 104 province e che ogni provincia ha il suo presidente, la sua decina di assessori, la sua trentina di consiglieri, arriviamo ad un totale di oltre 4000 figure politiche i cui stipendi sono pagati (indovinate un po'?) dai contribuenti. Eliminando le province si eliminerebbero tutti questi costi di gestione e di mantenimento di una struttura istituzionale i cui compiti potrebbero essere facilmente inglobati dalle strutture regionali.



Inoltre le province comportano una pluralità di passaggi burocratici che si aggiungono a quelli comunali e regionali, e che contribuiscono a rallentare l'efficienza amministrativa e legislativa. Abolendo le province, si contribuirebbe ad uno snellimento dei processi.



Attenzione però: lo smantellamento delle province è da intendersi a livello politico. Le funzioni di cui si occupano attualmente le Province verrebbero demandate alle Regioni senza quindi perdita di posti di lavoro per gli attuali dipendenti pubblici delle Province. Con il tempo poi si procederebbe ad un allineamento e ad una ottimizzazione (operazione quasi fisiologica, direi) della struttura regionale.



Insomma si parla tanto di federalismo sia a destra sia a sinistra; se dobbiamo avere delle Regioni più forti in senso politico e più efficienti a livello amministrativo, che senso ha tenersi un peso come le Province?

LA PROVINCIA NON SERVE, QUINDI NON LA VOTO



Il movimento per l'abolizione delle Province si è anche preparato alla prossima tornata di elezioni provinciali, suggerendo la creazione di liste dedicate dal nome "Le province sono inutili, quindi non voto" che potrebbero comparire proprio sulla scheda elettorale, e quindi dare un segnale tanto più forte alle istituzioni centrali quanti più voti riusciranno a macinare. 



Altrimenti, la seconda soluzione proposta per dare un segnale forte è l'astensionismo (limitato al rifiuto della scheda relativa alle elezioni provinciali e non a quella delle Europee o delle comunali, ben inteso). Un tasso di partecipazione più basso del 50% potrebbe raggiungere l'obiettivo.



Su Facebook sono quasi 30 i gruppi attivi per l'abolizione delle province, e la campagna è trasversale e trova consensi sia nelle forze di destra sia in quelle di sinistra (segnale di un prossimo Apocalisse evidentemente). 



Per firmare la petizione, a Torino ci sono tre punti di raccolta firme (sono 6 totali in Piemonte) e gli indirizzi li potete trovare in questa pagina.



2 commenti:

Edoardo Capulli ha detto...

Un anno fa tutti volevano abolire le province per realizzare importanti risparmi. Oggi nessuno se lo ricorda. Unico criticabile resto delle idee abolizioniste, è la campagna del non voto. Il concetto che i cittadini hanno delle province è più legato alla realtà culturale e territoriale che ai compiti che esse svolgono. Queste funzioni, definite dalla legge, sembrano ritagliate da quelle già definite per altri livelli locali. Sembra evidente che queste funzioni potrebbero bene essere gestite direttamente dalle regioni, dai comuni e da altri enti pubblici esistenti dedicati. Se si abolissero le province, le specificità locali di tipo territoriale e culturale potrebbero essere recuperate organizzando su base provinciale i meccanismi elettivi delle regioni. Abolire le province consentirebbe di risparmiare tutti i costi della loro organizzazione politica ed amministrativa. Si recupererebbero circa un miliardo e settecento milioni di euro l'anno. EC (www.lexcivilis.it)
vedi http://lexcivilis.blogspot.com/2009/06/ma-le-province-non-dovevano-sparire.html

Dario Cracco ha detto...

Eggià mio caro Edoardo, con me sfondi una porta aperta.

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