martedì 10 marzo 2009

Scienza riunita a Copenaghen per l'emergenza cambiamenti climatici

Climatechange L´Università di Copenhagen ospiterà dal 10 al 12 marzo 2009 il congresso internazionale "Climate change: global risks, challenges and decisions" ("Cambiamenti climatici: rischi, sfide e decisioni globali"), un evento organizzato in collaborazione con altre 9 università dell´International alliance of research universities (Iaru) e che ha come obiettivo principale quello di «fornire una sintesi della conoscenza scientifica esistente ed emergente, necessaria affinché possano essere prese decisioni sociali intelligenti riguardo alle strategie di mitigazione e adattamento in risposta ai cambiamenti climatici. L´evento intende individuare i progressi nella scienza, nella tecnologia e nella politica necessari per assicurare la sostenibilità delle comunità globali nel decennio in corso e in quelli a venire».

Il congresso fa parte della road map che porterà alla quindicesima Climate change conference dell’Onu (COP15) che si terrà a Copenhagen a dicembre. Al termine di COP15 le scoperte saranno raccolte in un libro sui cambiamenti climatici e ai responsabili delle politiche verrà offerta una sintesi dei risultati contenente le principali scoperte, come complemento dell´opera del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’Onu (Ipcc) . Il congresso del 10 marzo dovrebbe così fornire ai 192 Paesi che parteciperanno alla COP15 le basi scientifiche per decidere cosa è meglio fare e qual siano gli interventi prioritari e più urgenti.
I cambiamenti climatici sono oramai una realtà scientifica, ma gli scienziati si chiedono ancora cos succederà alle attività umane e come risentiranno dei cambiamenti già in corso. Cosa ne sarà dell’agricoltura e del cibo? E cosa di mari e fiumi e della gestione delle risorse idriche?

Per cercare di rispondere a queste domande alla conferenza di Copenhagen parteciperanno anche ricercatori di Bioversity International, portando il loro lavoro di ricerca sull’uso della biodiversità come strumento per rispondere alle sfide del cambiamento climatico.

«Infatti – sottolinea una nota di Bioversity International - contrariamente a quanto si pensa comunemente la soluzione al riscaldamento globale non sta solo nella riduzione delle emissioni di gas serra o la compensazione per le emissioni di gas nocivi. Una delle prospettive più promettenti per far fronte a questo complesso problema sta nella conservazione e nell’uso della biodiversità agraria per aiutare gli agricoltori a “adattarsi” alla mutevolezza del clima. La diversità delle colture, ed in particolare il patrimonio genetico delle varietà selvatiche dalle quali derivano, può essere di enorme aiuto in questo: i progenitori delle colture moderne, infatti, sono depositari di alcuni tratti genetici che possono essere utilizzati nella selezione di nuove varietà colturali in grado di adattarsi ad un clima più secco o a piogge irregolari».

Andy Jarvis, ricercatore di Bioversity International ed autore di uno studio sulle conseguenze del cambiamento climatico sui parenti selvatici delle piante da coltivazione, spiega che «La domesticazione delle specie selvatiche parenti di ciò che coltiviamo nei campi è alla base stessa della nostra agricoltura e oggi le specie selvatiche stanno divenendo sempre più importanti perché la scienza ha bisogno di loro come fonte di diversità genetica con cui migliorare le coltivazioni esistenti. Ci sono molti esempi di come le specie selvatiche siano state utili in passato per aumentare la resistenza ai parassiti o alle malattie nelle specie coltivate. Pensiamo che il loro ruolo in questo secolo sarà sempre più rilevante, soprattutto come risorsa per contrastare i cambiamenti climatici».

L’erosione accelerata della biodiversità sta facendo diminuire quindi anche le possibilità di farvi ricorso e i cambiamenti climatici mettono in pericolo le specie selvatiche, anche quelle con tratti genetici essenziali per l’agricoltura e per migliorare i raccolti che sfamano la maggior parte degli esseri umani. Secondo lo studio di Jarvis, sono a rischio di estinzione tra il 16 e il 22% delle specie utili all’agricoltura. Se anche il livello di aumento delle temperature rimanesse quello attuale, prima del 2055 si ipotizza che circa un quarto delle specie selvatiche di arachidi si estingueranno.

Lo studio di Bioversity evidenzia che anche tra le piante ci saranno vincitori e vinti a causa del cambiamento climatico. In Africa è prevedibile una forte riduzione dei raccolti di mais ma questo avverrà a vantaggio del ritorno dell’autoctona cassava, che vedrà aumentare il territorio potenzialmente adatto alla sua coltivazione.
Secondo Jarvis, «una possibilità potrebbe essere quella di passare da una coltura all´altra. Naturalmente questo non è assolutamente facile, dato che esistono intere culture costruite attorno ad un particolare tipo di cibo, ma potrebbe diventare una necessità»

Toby Hodgkin, a capo del programma di partnership globale di Bioversity, è convinto che «Un’opzione per cercare di arginare il problema è raccogliere i semi e conservarli in apposite banche dei semi. Secondo i nostri modelli si tratta di una misura di conservazione molto importante, perché a lungo termine prevediamo che molte specie cruciali per l´alimentazione saranno minacciate nel loro ambiente naturale».


(da greenreport.it)



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