sabato 25 luglio 2009

Serie A delle università

Italia_calcio Il Politecnico di Torino è in lotta scudetto al secondo posto, anche se distanziato di ben 5 punti da Trento. L'Università di Torino all'ottavo posto attuale mira alla zona UEFA.

Classifica



giovedì 23 luglio 2009

Italia150 o Torino150?

Italia150 1861-2011
Modello Torino


Galli della Loggia denuncia il vuoto di iniziative. Ma sotto laMole
il programma è già pronto


di Alberto Papuzzi



Se volete capire l’identità dell’Italia dopo l’Unità, ripercorrerne la storia e anticiparne il futuro, se volete sentire cosa voglia dire continuare a essere italiani, prenotate un soggiorno a Torino fra primavera e autunno 2011, quando nella città saranno celebrati i centocinquant’anni di storia unitaria, a far data dal 23 marzo 1861 in cui venne nominato il primo governo del Regno presieduto da Cavour. Nel vuoto di iniziativa delle istituzioni statali, denunciato dallo storico Galli della Loggia sul Corriere della Sera e ieri anche dalla Fondazione Di Vittorio, tale che Ciampi, ex capo dello Stato, minaccia deluso le dimissioni da presidente del Comitato per il 2011, nella pigrizia di gran parte dei politici, nel disinteresse verso una moderna concezione dell’idea di nazione, zitta zitta, attenta al fare, Torino è l’unica città che ha elaborato un progetto per questi 150 anni.

I torinesi mettono un mattone sopra l’altro, fanno i conti con i tagli per la crisi e confezionano con due anni d’anticipo un buon progetto, sostanzialmente autonomo anche per i finanziamenti, chiedendo allo Stato soltanto due cose: un «Gratta e vinci» come per le Olimpiadi 2006, e il riconoscimento di Torino come sede nazionale unica delle celebrazioni per il 150°. Il che incontra resistenze politiche: si teme che l’Italia vista da Torino possa apparire una realtà vista soprattutto da sinistra. «E allora? - dice polemico Paolo Verri, vulcanico direttore del Comitato Italia150 responsabile del progetto - Per vederci riconosciuti dovremmo aspettare che questa città diventi di destra?». Il progetto è pronto e sarà ufficialmente presentato a settembre. Siamo in grado di anticiparlo in tutte le sue parti.

Innanzi tutto quattro grandi mostre divulgative. Alle ex Ogr, officine ferroviarie con spazi profondi come antri, luogo simbolo della Torino industriale, saranno ospitate Fare gli italiani a cura degli storici Walter Barberis e Giovanni De Luna, direzione artistica di Mario Martone, e una esposizione che forse sarà chiamata Futuro e creatività, curata dall’editore Vittorio Bo, specializzato in organizzazione di eventi scientifici. La prima sarà lo spettacolo numero uno dell’anniversario: un viaggio nella storia italiana per ricapitolarne gli elementi identitari. Con una chiave fondamentale di lettura: il binomio inclusione o esclusione, per distinguere fra i momenti che hanno avvicinato gli italiani e quelli invece che li hanno separati, dalla lotta al brigantaggio alle leggi razziali. La seconda mostra aprirà invece un oblò sul futuro, intorno a sei temi della quotidianità: abitare, muoversi, studiare, lavorare, divertirsi, curarsi.

Altre due esposizioni, ancora senza titolo, saranno allestite alla Venaria Reale. Una d’arte nelle scuderie e nella citroneria (oltre cinquemila metri quadrati) con trecento capolavori che dal Medioevo all’Unità possano rispecchiare i caratteri italiani, dai papi ai dogi, dalla Venezia dei vedutisti alla Toscana dei macchiaioli (curatore principale Antonio Paolucci, ex ministro dei Beni Culturali, direttore dei Musei Vaticani). L’altra sul cibo, all’avanguardia, affidata a Slow Food, a Carlo Petrini e all’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo: pensata soprattutto per un pubblico di famiglie, mostrerà il passaggio dall’orto al prodotto, dalla coltivazione alla consumazione. Sempre nell’ambito degli eventi culturali si prevedono inaugurazioni in quattro musei: nuovi allestimenti in quello del Risorgimento e in quello del Cinema, raddoppio del Museo dell’Automobile (a cura di François Confino) e sale ipogee al Museo Egizio.

Attorno a questi capisaldi un’aggregazione di manifestazioni specifiche, dai convegni di linguisti alla seconda edizione della Biennale Democrazia. Ma il progetto torinese comprende anche eventi popolari, festeggiamenti divertenti, manifestazioni di massa, in uno sperimentato mix fra cultura e spettacolo: «Questo anniversario tutto deve essere - dice Verri - fuorché un appuntamento d’élite». Per maggio sono in programma i raduni degli alpini, dei bersaglieri e dei carabinieri: tutti prenderanno il via dalle Officine grandi riparazioni, passeranno per il monumento a Vittorio Emanuele II, guadagneranno le piazze San Carlo e Castello e daranno vita a feste in piazza Vittorio Veneto.

Il giorno prima dell’arrivo degli alpini suggestiva partenza del Giro d’Italia: i corridori si misureranno in una cronometro disegnata nei luoghi risorgimentali. Per lo sport anche i Campionati Universitari, con 25 mila giovani a invadere Torino.
Crisi e tagli hanno pesato su un solo ambito: le opere pubbliche. Ma una trasformazione dal grande significato simbolico si è salvata: il Parco Dora, area verde dove c’erano Michelin, Teksid, Savigliano e Paracchi. Dalla città delle fabbriche alla città postfordista.

Per il solo maggio 2011 gli organizzatori annunciano l’arrivo a Torino di un milione e mezzo di visitatori. Dice uno slogan di Italia150: «Per festeggiare una nazione ci vuole una città». La città c’è. Torino 2011.


(via lastampa.it)



domenica 5 luglio 2009

Ignazio Marino

"Qualcuno parla a vanvera.

Noi possiamo sceglierci il nostro candidato premier, il nostro segretario.
Voi ancora no.
E dubito capiterà mai.
Sorbitevi i voleri che vengono dall'alto.
Come sempre."

(gigiotto via clandestinoweb.com)




Da un altro punto di vista

«I torinesi amano l’Africa, ci vanno in vacanza, comprano case e aprono
fabbriche - racconta Nihass Mamadou, 49 anni, stilista senegalese -, ma
se lo facciamo noi in Italia non va bene. Mi sembra che questo
atteggiamento abbia solo un nome: sfruttamento. Va bene andare in
Africa, pagare una miseria il lavoro degli operai, farli sgobbare in
nero, evadere le tasse e infischiarsene delle leggi senegalesi, ma se
un senegalese viene a lavorare alla Fiat allora ruba il lavoro».

(via lastampa.it)



sabato 4 luglio 2009

Imbarazzo italiano

Foreignpress
A leggere i titoli della stampa straniera su Berlusconi e il prossimo G8, sento assalirmi un senso di vergogna e un imbarazzo notevoli.


E stavolta non lo dico nemmeno per incolpare Berlusconi, mi limito ad analizzare quanto in basso è caduta l'immagine del nostro paese.



Il cosiddetto decreto sicurezza


Il cosiddetto decreto sicurezza rimarca ulteriormente le caratteristiche peggiori di questo Governo, in particolare il continuo tentativo di far svolgere da altri soggetti quelli che sarebbero i propri compiti specifici e invece intromettersi continuamente in questioni non proprie, come accaduto - ad esempio - per la scuola e come accade per il turismo.



Tra i principali compiti dello Stato c’è quello di garantire il rispetto della legalità e la sicurezza dei cittadini. Nel provvedimento approvato non si parla affatto di difendere la sicurezza, ma si prevedono nuovi reati, il che non significa per nulla garantire che questi reati non vengano commessi. Per questo, si dovrebbero, ad esempio, dotare le forze dell’ordine di mezzi ed organici adeguati. Lo stesso per quello che riguarda la magistratura. E le carceri.

Invece, istituito qualche nuovo reato – per altro abbastanza assurdo – si demanda anche ai cittadini, che si organizzano secondo certe regole, la tutela della legalità. Il risultato, come hanno fatto notare molti addetti ai lavori, sarà quello di creare nuovo rischio, sia per i volontari che per il cittadino qualunque.

Infine, una riflessione sull’assurdità di un reato come quello di clandestinità: i clandestini esistono dove qualcuno offre loro lavoro, abitazione, ecc… Si è mai visto un clandestino in luoghi dove non ci sia quest’offerta? Si è mai visto un clandestino dove non venga attratto da qualche opportunità?
Uno Stato serio, dovrebbe essere in grado di controllare il territorio, di perseguire chi fa affari sulla pelle dei poveracci che cercano un minimo di futuro, di prevedere quote di immigrazione sufficienti a soddisfare le richieste – continue – che arrivano dai vari settori produttivi e dalle famiglie. A quel punto, certo si dovrebbe e potrebbe essere intransigenti con chi, pur con tutte le possibilità di essere in condizione di legalità, continuasse ad essere clandestino.

Ma così non è, si preferisce colpire il più debole e lasciare che lavoro nero, sfruttamento ed evasione fiscale dilaghino.

Il risultato negativo sarà doppio: non si aumenterà la legalità, si metteranno in difficoltà cittadini ed economia italiani.

(via mercedesbresso.it)



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