mercoledì 18 agosto 2010

La grande beffa ciclabile

Antefatto: il nostro amico EF esce una sera, in bici perché sa che con gli amici berrà qualche birra di troppo.

Fatto: il nostro amico EF viene investito da un'automobile mentre torna a casa. Trasportato con un'ambulanza in ospedale, i controlli di routine rivelano il suo tasso alcolemico di 1,64.

Fattaccio: la Cassazione con una sentenza del 2008 ha equiparato la conduzione della bici a quella di una normale automobile: ergo, i ciclisti che guidano con un tasso alcolemico oltre la norma vengono multati, patente sospesa e punti decurtati. Proprio come se guidassero un'automobile.

Questa norma ha dell'inverosimile. Primo, perché la bici è notoriamente un soggetto debole dal punto di vista della viabilità (e infatti il buon EF è finito lui in ospedale). Secondo, perché non ci si rende conto della pericolosità di una tale sentenza: se, infatti, il trattamento di un ubriaco in bici e un ubriaco al volante è lo stesso, chi me lo fa fare a prendere la bici per uscire anche quando so che berrò più del consentito?

E' vero che, pur essendo soggetto debole, la bici è comunque un soggetto che si muove e deve stare alle regole della strada. Ma facciamo attenzione a non strafare. La patente di guida è di tipo B (automobili), non mi risulta vi sia alcuna patente ad hoc per i ciclisti. Perché quindi togliere punti alla patente di tipo B? Occhio amici della Cassazione, perché il rischio è quello di diffondere una sensazione di "obbligatorietà" della pena, in cui l'unico fattore che incide non è la responsabilità dell'individuo (come EF che prende una bici perché sa che berrà più del consentito a un automobilista e non vuole causare problemi né agli altri né a sé stesso), ma semplicemente la fortuna di non essere controllati o di non fare incidenti.

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