mercoledì 28 settembre 2011

Ed è sempre più Hollande


Se fino a un mese fa la partita per le primarie socialiste in Francia era apertissima tra François Hollande e Martine Aubry, ora il discorso è definitivamente chiuso. Nell'ultimo mese Hollande si è rafforzato tantissimo: secondo il sondaggio realizzato da Ipsos nella settimana appena conclusa, molto è dipeso dal fatto che, secondo i francesi, Hollande è il più sicuro di portare a casa la vittoria alle presidenziali.

Ma non è l'unico motivo: Hollande vince anche in tutte le percezioni del pubblico (è il più attento ai bisogno di francesi, incarna la presidenza, è il più capace di riunire i francesi, è quello più preparato nell'affrontare una crisi internazionale) e consolida il suo vantaggio mentre la Aubry viene progressivamente indebolita, non solo dal punto di vista numerico (rispettivamente +6% e -6% di intenzioni di voto) ma anche nella stabilità dell'elettorato: il 61% dei potenziali elettori di Hollande considera la sua scelta come definitiva, pmentre er la Aubry gli elettori decisi sono solo il 49%.

L'unica speranza della Aubry sta nei voti dei seguaci di Ségolène Royal, che al secondo turno voterebbero al 50% per lei e al 35% per Hollande. Ma Hollande ha dalla sua il 52% dei voti di Montebourg, ormai risalito nei sondaggi fino a insidiare il terzo posto della Royal. Una Royal sempre più stigmatizzata ed estremizzata dagli stessi socialisti (è la candidata con la percentuale più alta di opinioni negative e quella con il giudizio peggiore sulla campagna elettorale in corso).

L'ultimo elemento che vorrei sottolineare è invece la buona opinione dell'elettorato socialista francese sullo strumento delle primarie: il 76% degli intervistati pensa che le primarie siano una buona idea e che il partito e il candidato vincente ne usciranno rafforzati e l'83% è convinto che i candidati battuti sosterranno con lealtà il vincitore. Insomma, percentuali piuttosto bulgare che fanno capire l'importanza che i cittadini assegnano alle primarie come strumento di democrazia e coinvolgimento.

martedì 13 settembre 2011

Il bike sharing si allarga

via lastampa.it

Il bike sharing raddoppia e si trasferisce in periferia. Convinta che si debba a tutti i costi rompere l’isolamento - di infrastrutture, collegamenti, relazioni, opportunità - in cui si divincolano i quartieri di periferia, l’amministrazione ha deciso di cominciare dalla mobilità. Leggera, sostenibile, perché è chiaro a tutti che una delle città più inquinate d’Europa ha bisogno di una rivoluzione nel modo di spostarsi. A cominciare dalle biciclette, e da un sistema che, arrivato a quasi 60 stazioni, 13 mila abbonati e 3 mila prelievi giornalieri, è pronto a moltiplicarsi e uscire dalla cinta daziaria del centro.

Entro il prossimo anno verranno installate 57 stazioni: 24 sono in lavorazione, 27 da definire, le ultime 6 in attesa che si risolvano alcuni problemi tecnici. Una cosa è certa: i nuovi interventi coinvolgeranno tutti i quartieri finora esclusi, e disegneranno un progressivo avvicinamento alle zone più periferiche. Per pianificare a tavolino i prossimi interventi l’assessore all’Ambiente Enzo Lavolta ha incontrato i presidenti di circoscrizione. Ha comunicato il piano di espansione della rete. Ma ha anche chiesto collaborazione: le nuove postazioni da piazzare saranno individuate dall’amministrazione in tandem con i quartieri, secondo le necessità delle varie zone della città e i flussi di traffico in teoria più idonei.

Tenendo presente un criterio: «La rete, per funzionare, dev’essere a maglie strette», spiega Lavolta, «non più di 3-400 metri tra una stazione e l’altra». L’espansione, dunque, seguirà la logica dei cerchi concentrici, e sarà graduale. Ma non solo: il vertice con le circoscrizioni è servito anche per tracciare soluzioni inedite: «Immagineremo alcune arterie su cui sviluppare il servizio», spiega l’assessore, «direttrici che colleghino zone esterne con il centro». Un primo fronte su cui si lavorerà è l’asse di corso Francia. «Usare le grandi direttrici del trasporto pubblico può creare sinergie virtuose tra i mezzi e le biciclette», ragiona il presidente della quarta circoscrizione Claudio Cerrato.

Un altro tassello sarà la mobilità ciclabile universitaria. «È una delle ipotesi su cui sto lavorando con l’assessore alla Viabilità Lubatti», dice Lavolta. «Sarà uno dei cardini dell’elaborazione del prossimo bici plan». Un altro sarà la partnership con le imprese: le aziende con più di 300 dipendenti per legge sono tenute a prevedere la figura del mobility manager e ad adottare misure per la mobilità sostenibile dei loro dipendenti. Alcune grandi società si sono già fatte avanti, disposte a piazzare stazioni nei dintorni - accollandosi parte dei costi di installazione - e incentivare i lavoratori a spostarsi in bicicletta.

domenica 11 settembre 2011

Dieci anni dopo

La Mole spenta per le Twin Towers.


giovedì 1 settembre 2011

Save Piazza San Giovanni


Che sarebbe poi la Piazza del Duomo. Nemmeno io ne conoscevo il nome fino a ieri, quando ho letto sulla Stampa che la Soprintendenza aveva esteso la sua ala protettrice anche a quello conosciuto come "Palazzaccio", il brutto edificio (o quantomeno discutibile) di fronte al Duomo (qui una breve storia del palazzo, di seguito la foto di Palazzo Richelmy, il predecessore del Palazzaccio):


Oggi leggo su Repubblica un nuovo intervento della soprintendente ai beni culturali Luisa Papotti, un appello a non lamentarsi di quello che c'è sulla piazza (perché tanto ci rimarrà, per quanto discutibile possa essere) ma a provare a valorizzarla cambiando quello che si può cambiare.

In effetti la Papotti fa una riflessione molto giusta quando dice che "in genere la piazza della cattedrale è importante in una città, per Torino non è così". Quanti di noi sanno il nome della Piazza? Quanti la frequentano? Quanti di quelli che la conoscono e ci passano si fermano mai come in piazza Castello o in piazza San Carlo? Piazza del Duomo è effettivamente solo un luogo di passaggio (io la attraverso in genere arrivando da Piazzetta Reale per andare al Quadrilatero romano). La posizione defilata non aiuta: quando ne si descrive la posizione si dice solitamente che si trova "dietro" Piazza Castello, che poi è un "dietro" non solo in senso fisico ma anche di importanza.

E ancora dice la Papotti: "Questo Duomo non ha un sagrato, esci dalla chiesa e ti passa davanti a piena velocità un tram". Tram che, secondo la soprintendente, potrebbe facilmente essere spostato su piazza Castello e sui Giardini Reali.

Senza contare poi che quella piazza costituisce anche l'accesso alla zona dei Fori Romani di Torino che, anch'essi, passano decisamente inosservati o meno osservati di quanto potrebbero essere.

Chiudere quel tratto di via XX Settembre riuscirebbe a creare un senso di staticità che è più proprio di una Piazza. Ma non è il solo intervento che si potrebbe fare: ci vorrebbero più panchine per permettere alla gente di sostare e "creare" un senso di piazza - piazza come luogo d'incontro, piazza come luogo vivo e vissuto. L'ultimo tratto di via XX Settembre, quello che passa tra il parco della Porta Palatina e il Museo di Archeologia, potrebbe diventare un ben viale alberato incorporato nel parco (pensate da via Garibaldi e persino da via Pietro Micca che bell'effetto visivo!) e terminare su Corso Regina. E ovviamente Wi-Fi libero per tutti.
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