martedì 30 settembre 2008

Perfetto, non ci mancava altro che l'invecchiamento precoce da computer

Occh Da un articolo de Lastampa.it di oggi



Cattive notizie per chi passa ore ed ore davanti al pc. «Il computer, se usato tutti i giorni e per molte ore, invecchia il viso. Fa venire le borse sotto gli occhi, spegne il colorito della pelle e i segni dell’invecchiamento sono più visibili». Insomma, oltre alla fatica, la beffa. Parola di Giulio Basoccu, chirurgo estetico e docente all’Università La Sapienza di Roma.

Secondo lo specialista, a lasciare il segno sul viso di una donna non è solo un lavoro particolarmente stressante, «con un capo poco carino sempre sul collo, il pensiero delle responsabilità e delle scadenze. A dare una aspetto stanco, occhiaie e colorito giallastro - spiega Basoccu - contribuisce anche l’effetto-computer».

«Dall’osservazione di un campione di 300 donne tra i 30 e i 40 anni che si sono rivolte al nostro studio - dice infatti l’esperto - abbiamo notato che due su tre passavano ogni giorno dalle cinque alle otto ore fisse davanti a un pc. E tutte lamentavano gli stessi problemi. Profonde occhiaie, rughe più accentuate intorno e tra gli occhi, pelle disidratata, colorito giallastro. Il desiderio comune - prosegue Basoccu - era quello di dare nuova luce a un viso stanco e opacizzato».



«Trascorrere molte ore davanti a un computer -afferma Basoccu- rappresenta comunque uno stress fisico, anche se si sta seduti. Gli occhi si stancano, c’è bisogno di concentrazione e quindi si assumono involontariamente posizioni di alcune parti del viso che contribuiscono a segnare la pelle. Quando ci concentriamo aggrottiamo la fronte e, senza volerlo, forziamo le rughe tra gli occhi e quelle della fronte stessa. Il fatto di stare a lungo in un luogo chiuso, d’estate con aria condizionata e d’inverno con il riscaldamento, aumenta la disidratazione della pelle». Tutti fattori che contribuiscono ad appesantire il viso. «Le nostre pazienti, forzate del computer -continua il chirurgo- sono prevalentemente segretarie e impiegate, che alzano la testa dallo schermo solo per la pausa pranzo. Per loro usiamo un mix di sostanze che contribuiscono a ridonare luminosità e freschezza».

Si tratta di «infiltrazioni di acido ialuronico non cross-lincato, più liquido -descrive l’esperto- che servono a richiamare acqua nei tessuti e quindi a dare maggiore idratazione; micropunture a base di agenti ricostituenti ed antiossidanti, vitamina A, E, C e coenzimi che aumentano il tono e l’elasticità della pelle, e microiniezioni di botulino per appiattire le rughe della glabella (prominenza dell’osso frontale, al di sopra della sutura naso-frontale, tra le arcate sopracciliari), quelle che spuntano tra gli occhi. Ma anche per quelle sulla fronte». «Il tutto -conclude- accompagnato da massaggi linfodrenanti profondi sempre sul viso».


domenica 28 settembre 2008

Controlli sulle strade e (im)mobilità pubblica torinese

Inea1 E' sabato sera e ho deciso di non uscire. La febbre dei controlli a tappeto che stanno facendo sulla strada ha colpito anche me togliendomi quasi completamente la voglia di andare fuori, specialmente la sera e ancor di più di sera nei weekend. 



Io sono di solito molto contento riguardo ai progressi fatti dalla mobilità pubblica GTT nella città di Torino. Ho anche appena letto un articolo in cui si gioisce delle 6000 auto in meno sulle strade e dei 12000 passeggeri in più sui pullman. Me ne compiaccio. Sono anche stato uno strenuo sostenitore dei bus notturni, che dall'estate la città ha finalmente inaugurato, anche se solo in via sperimentale e non definitiva (vedi la pagina della GTT).



Però qualcosa ancora non va. C'è qualcosa che si può migliorare.
E parto dal mio caso personale. I problemi della mobilità torinese che mi riguardano sono 2: il trasporto notturno settimanale e il trasporto nella prima cintura di Torino - in particolare, riferendomi al mio caso, alla città di Settimo Torinese.



Io lavoro solitamente fino all'una di notte al Lingotto in settimana e nei weekend. In settimana, che alternative ho per tornare a casa senza usare l'automobile? Nessuna. Il 18 e le altre linee che passano dal Lingotto terminano le loro corse a mezzanotte. L'unica linea ancora in funzione è l'1, che però arriva solo fino a Porta Nuova. E l'ultimo treno per Settimo parte alle 00.27. E io da Porta Nuova a casa come ci arrivo?



E' un peccato, perché se avessi la possibilità di utilizzare i mezzi pubblici per tornare di notte, sarei più che felice di lasciare l'automobile a casa anche all'andata ed evitare di guidare nel traffico per quasi un'ora per attraversare la città. Che, anche passando per i non trafficati Corso Sella e Corso Lanza, proprio una passeggiata non è.



Secondo problema, quello attuale di stasera: usciamo la sera, nel weekend. Perfetto, i mezzi pubblici notturni ci sono - purtroppo però arrivano (giustamente, forse) fino ai limiti della città, in piazza Derna e in piazza Sofia. E il tratto di strada dopo come lo percorro? Ho pensato alla bici - ma non ci sono piste ciclabili continue che portino fino a Settimo. L'unica pista ciclabile continua è lungo la Dora e il Po, ma per molti tratti non è illuminata e percorrerla di notte non credo sia molto indicato. Altre possibilità? Un taxi. Ma francamente mi verrebbe a costare quasi quanto la serata stessa, e io rientro nella categoria dei precari sottopagati e una corsa in taxi non me la posso proprio permettere. Andare a piedi purtroppo non è un'opzione: se anche sopravvivessi ai manigoldi lungo la strada, la traversata mi prenderebbe più di un'ora. Non ho possibilità di tornare a casa senza l'automobile.



E prendere l'automobile, per quanto solo da piazza Derna o piazza Sofia fino a Settimo, non è più un'opzione valida. Guidare da ubriachi proprio non esiste; a volte però sei piuttosto lucido, e credi di riuscire a tornare a casa sano e salvo. Per fortuna/purtroppo però, le due vie di collegamento con Settimo sono spesso pattugliate dai carabinieri che effettuano giustamente i controlli di sicurezza. E, per quanto lucido tu possa sentirti, i drink che hai bevuto non si cancellano. E a questo punto che fai? Rischi una multona, rischi il sequestro della macchina o, ancor peggio, rischi un incidente per una notte di divertimento?



No, rimani a casa.



venerdì 26 settembre 2008

Tirare un sasso nello stagno dell’indifferenza: la giornata del saluto sabaudo

Iii Signore e signori torinesi, toglietevi quell'aria sabauda di dosso e preparatevi: il 2 ottobre saremo invasi da una serie di saluti totalmente inaspettati fatti in maniera assolutamente disinteressata da persone completamete sconosciute. Questa iniziativa di marketing politico è nata da Portas, fondatore del partito dei Moderati, che dopo una ricerca di marketing si è reso conto del bene che a Torino era il più prezioso ed ora è il più raro: il saluto.



Non che ci volesse una ricerca di marketing per capirlo. Però apprezziamo tanto lo sforzo.



L'iniziativa a mio parere è una delle migliori che mai sono state realizzate. Tanto semplice ed immediata e per questo foriera di gran successo. L'organizzazione ha contattato migliaia di volontari che il 2 ottobre rivolgeranno almeno 10 saluti a testa per strada, a qualsiasi persona, così, dal nulla. Se le cifre rimangono queste, si potrebbero avere 100mila saluti spontanei in un solo giorno. Che poco non è.



I sondaggi realizzati dalla società di marketing torinese elencano anche le ragioni che hanno più contribuito a uccidere la buona consuetudine del saluto: ed ecco che il pensionato racconta di quando si faceva quattro chiacchiere con il panettiere che ha chiuso dieci anni fa (difficile avere lo stesso rapporto con la cassiera del supermercato), mentre il trentenne ricorda le giornate in cortile oggi rimpiazzati da solitari pomeriggi davanti alla playstation. «Farà sorridere, ma anche il navigatore, nel suo piccolo - spiega ancora Portas - ammazza i rapporti. Non si tira più neanche giù il finestrino per chiedere un informazione. E la gente si parla sempre meno, diventa sempre più diffidente. E’ un circolo vizioso, mi creda». (La Stampa, 7 agosto 2008)



Ed è davvero un circolo vizioso. Siamo tutti convinti che la gente sia così difficile, scettica e diffidente, che finiamo anche noi per comportarci allo stesso modo. Come un'arma di difesa. Non pensiamo invece che anche le persone che ci circondano hanno la stessa sensazione, e reagiscono nel nostro stesso modo per le nostre stesse ragioni. E così diventiamo quelli che devono sembrare freddi, distaccati, nulla ci tocca e nulla ci distrugge... e ci perdiamo una miriade di possibilità di stare bene con gli altri.



E allora tiriamo un sasso nello stagno dell'indifferenza. Spezziamo questo circolo vizioso. Torniamo a pensare bene prima di pensare male. E mandiamo queste vibrazioni positive alle persone che incontriamo per strada. Un sorriso, un saluto, un tocco d'umanità: pensate a come si inizierebbe bene la giornata se invece di facce cadaveriche o ingrugnite sul pullman la mattina ci fossero questi piccoli segnali di condivisione e serenità. E allora iniziamo il 2 ottobre. In fondo cosa abbiamo da perdere?



giovedì 25 settembre 2008

Brunetta, Rotondi e Madama DiDoRé

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Oh quante belle figlie Madama Doré, oh quante belle figlie!



Parliamo della nuova proposta, a carattere esclusivamente personale, portata avanti dai Ministri Brunetta e Rotondi. Tale proposta non è infatti contemplata nel programma di Governo, e lo stesso Brunetta in più interviste ha ribadito che si tratta del frutto di una riflessione da Professore più che da Ministro. Professore di economia, nel suo caso.



Iniziamo dal nome. Di.Do.Re sta per Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi. E' la quarta proposta di regolamentazione delle unioni di fatto in Italia, dopo i PACS, i DiCo e i CUS. Non ha fatto grande notizia nell'opinione pubblica, anche se ha fatto infiammare per qualche secondo la componente teocratica del nostro Parlamento e ha lasciato invece sorpresa (per qualche secondo, anche qui) tutta l'opposizione.



Che la proposta dei due Ministri sia arrivata dal nulla e abbia provocato una certa dose di shock, lo dimostra che persino le associazioni gay siano rimaste in silenzio. Al contrario di ogni proposta avanzata in passato che suscitava approvazione o rifiuto estremi, i DiDoRé hanno messo tutti a tacere. Per due motivi: il primo, che la popolazione italiana (per il 75% favorevole ad una regolamentazione delle coppie di fatto) non si aspettava una tale proposta da un governo di centrodestra. Il secondo, che la popolazione gay italiana non si aspettava che tale proposta proveniente da un governo di centrodestra arrivasse a contemplare anche le unioni di fatto omosessuali.



Insomma, abbiamo sempre guardato alla laica anticlericale egualitaria Sinistra Arcobaleno per un provvedimento del genere e ce lo vediamo arrivare da due ministri laici del Popolo delle Libertà. Quando si dice che in life, you never know.



Brunetta è un grande. Non c'è altro da dire. Figlio di un venditore ambulante, come lui stesso ama spesso ribadire durante le interviste, si vede che è cresciuto con i propri mezzi e i propri sforzi. Pur essendo Professore di economia e Ministro, mantiene quella concretezza propria della classe media che rimane con i piedi per terra e non se la sta tanto a contare, tanto per dirla in termini dialettali. C'era da rimettere a posto la pubblica amministrazione e lui si è messo sotto in questa direzione, senza tante parole ma con tanti fatti, senza ipocrisia ma con misure dirette e concrete, ottenendo risultati già da subito.



Alla luce di questo suo ultimissimo sviluppo di carriera nel Governo Berlusconi IV, non c'è da meravigliarsi che una proposta sulle unioni di fatto arrivi da lui, insomma. Da rigoroso professore di economia qual è, considera i PACS e i DiCo una forma fallimentare di regolamentazione in quanto costituivano un carico ulteriore sulle spese del welfare statale. La proposta dei DiDoRé infatti non prevede la reversibilità della pensione per i conviventi. Prevede però il diritto, in caso di malattia, di visitare il convivente e
accudirlo. Di designarlo come rappresentante per le decisioni in
materia di salute, donazione degli organi, trattamento del corpo e
celebrazioni funerarie. Di succedergli nel contratto di locazione. Con il dovere di provvedere,
ad esempio, agli alimenti per un periodo proporzionale alla durata
della convivenza.



Nelle parole del Ministro Brunetta ci sono, a mio parere, tante cose positive (e innovative, se pensiamo al bigottismo diffuso nella politica italiana), ma anche altre che non condivido. Tra le cose positive e innovative, Brunetta ha affermato di essere totalmente laico, di non volere che lo Stato si infili sotto le lenzuola degli italiani (quindi includendo le coppie omosessuali nella regolamentazione delle unioni di fatto), di ritenere fondamentale il rispetto reciproco delle opinioni diverse, di non cercare lo scontro né con la politica né con la Chiesa.



Tra le cose negative invece, il Ministro ritiene la famiglia come definita dalla Costituzione, che non può prescindere dal matrimonio tra un uomo e una donna. Ritiene la famiglia un bene pubblico, e come tale destinatario del Welfare. Certo, poi afferma anche che esistono unioni che non sono beni pubblici ma che sono comunque beni e meritano l'attenzione e la tutela dello Stato.



Però qui mi fermo e mi chiedo: io gay che voglio costruire qualcosa con il mio compagno, non ho il diritto di essere considerato bene pubblico? Io che lavoro, che vivo nella legalità, che rispetto la legge, che magari non produrrò figli ma che contribuirò con la mia vita a rendere migliore l'economia, piuttosto che la politica, o l'ambiente o qualsiasi altra cosa di cui deciderò di occuparmi, io non merito la stessa considerazione di un padre di famiglia, di un marito, di un uomo eterosessuale?



La solita domanda di sempre, insomma.



E poi mi imbestialisco quando penso ai casi di famiglie che, pur malsane, sono tutelate dalla legislazione in quanto beni pubblici. Il marito che picchia la moglie e i figli, che non permette alla moglie di lavorare, che sfrutta i figli, e che magari ha anche legami con attività mafiose, e che alla fine è considerato bene pubblico solo perché è eterosessuale, sposato e con potenziale prole al seguito.



Ma come posso io non avere i suoi stessi diritti?



Certo, se la proposta diventasse legge sarebbe comunque un passo da gigante in avanti qui, in Italia, terra del Vaticanesimo più intransigente. Tuttavia, da persona intelligente qual è, Brunetta ha già anticipato che non intende lottare per far passare la proposta con il rischio di scatenare una guerra civile. Sa benissimo che i teocratici in Parlamento sono tanti, i cattolici ancor di più, e sono sia a destra sia a sinistra, e si infiammano appena vengono proposti diritti in più per qualsiasi essere vivente che non sia contemplato nella Bibbia. Da uomo concreto e con i piedi per terra, ha affermato: "se la proposta porterà allo scontro, io rinuncio: il paese ha ben altri problemi, e il lavoro non ci manca". Come dargli torto?



martedì 23 settembre 2008

L'antidoto Gelmini part II

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Dopo aver visto ieri sera il dibattito a Porta a Porta sono ufficialmente diventato un fan di Mariastella Gelmini (anche su Facebook). Per tutta la durata della trasmissione non si è scomposta di un millimetro per neanche un secondo, ha mantenuto un self-control da maestra zen e si è espressa sempre, costantemente in maniera garbata senza mai accusare chicchessia di nulla, nemmeno del pessimo stato in cui versa l'istruzione italiana.



Ora, lasciamo da parte il programma di riforma del suo Ministero e guardiamo solamente lei in quanto figura ufficiale atta a rappresentare in primis il governo e poi il paese tutto: da quanto tempo non si vedeva un Ministro simile? [con l'eccezione di Emma Bonino nella scorsa legislatura, c'è da dire] Da quanto non si vedeva un Ministro con un portamento sicuro, dai modi educati, per nulla rissoso, incisivo nella sua maniera di parlare intelligente eppure graceful allo stesso tempo? Non sembra per nulla il classico parlamentare italiano medio. E, di questo, c'è da esserne contenti.   



Poi mi chiedo come si fa a metterla in un governo con quel caciarone di Calderoli che al solo pensare che rappresenti l'Italia agli occhi del mondo mi vengono i conati di vomito dalla vergogna.



Ma torniamo a Mariastella. Peccato che non portasse gli occhiali (e avesse due borse enormi), con quel tocco sarebbe stata ancora migliore. In effetti sembrava molto stanca. O stanca o con due palle enormi così al sentirsi ripetere le stesse critiche da tre mesi a questa parte, critiche che poi sembravano fatte più solo per dover di opposizione che per qualche fondamento logico. Né la Garavaglia né Panini hanno minimamente scalfitto il programma della Gelmini. Invece ho apprezzato i momenti in cui la Senatrice del Partito Democratico affermava ad alta voce i punti di accordo con il programma del Ministro. Questo è il clima che ci vorrebbe anche da noi, così come è già nelle altre democrazie europee. 



E poi ci sono i fatti, i dati concreti - che non vengono mai menzionati da nessun politico perché qui in Italia la politica è tutta personale, ideologica e astratta. La Gelmini ieri mi ha stupito anche per questo, perché citava sovente i dati dell'indagine condotta dal Ministero, quegli stessi dati che appunto avevano portato alla formazione del progetto di riforma. Insomma, finalmente una donna (strike uno), giovane (strike due), che risponde alle domande che le vengono rivolte senza deviare la conversazione sulla luna (strike tre), e che fa riferimento a dati concreti e oggettivi ben precisi e non a idee campate in aria senza un minimo fondamento reale (colpito e affondato).



Il dibattito di ieri sera mi ha convinto ancor di più che la buona politica non è una cosa propria di destra o di sinistra, ma dipende dalla personalità che ne tiene le redini.



lunedì 22 settembre 2008

Trasporti quotidiani: il 13% degli italiani utilizza la bici


da Clandestinoweb.com
bicicletta280x200.jpg
22 set. -  Il 13% degli italiani utilizza la
bicicletta come mezzo di trasporto e almeno 3-4 volte a settim
ana. E il Nord Est e' la patria dei ciclisti. Secondo i dati registrati
dall'Osservatorio ''Audimob''
di Isfort, il pedale rappresenta un
mezzo di trasporto abituale, utilizzato cioe' almeno 3-4 volte a
settimana, per oltre il 13% degli italiani tra 14 e 80 anni.





A questa
fetta si aggiunge un altro 23,5% della popolazione che la adopera in
modo occasionale
, vale a dire non piu' di 1 o 2 volte a settimana.



Si tratta di percentuali interessanti e, va sottolineato, in
fortissima crescita. Infatti, la quota di chi fa un uso frequente
delle due ruote risulta praticamente raddoppiata dal 2002 al 2007
e
quasi quadruplicata restringendo l'arco temporale al periodo
2004-2007.



Il peso complessivo della bicicletta come modalita' di
trasporto resta tuttavia ancora modesto, attestato a meno del 4% di
tutti gli spostamenti che gli italiani effettuano ogni giorno
(nei
Paesi dell'Europa centro-settentrionale si registra sistematicamente
una quota a doppia cifra).



Anche questo valore e' tuttavia in forte
crescita nell'ultimo triennio, essendo passato dal 2% del 2004 al 3,8%
del 2007.
Quanto ai caratteri anagrafici, la quota dei ciclisti
''abituali'' risulta maggiore tra gli uomini rispetto alle donne
(15,5% contro l'11,7%), tra le persone con piu' di 46 anni nel
confronto con i piu' giovani, nonche' tra gli studenti e pensionati
rispetto alle altre categorie professionali (oltre il 14% del totale
in entrambi i casi).



Ma e' nei dati regionali che si registrano le
spaccature piu' profonde. Gran parte dei ciclisti ''abituali'' si
concentra nelle regioni nel Nord Italia ed in particolare in quelle
del Nord Est
: in Emilia Romagna raggiungono il 31,3% della
popolazione, in Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia
superano il 25%. Viceversa, in tutte le regioni del Sud non si supera
la soglia del 10%
con punte negative in Molise (3%),Basilicata (3,3%),
Sicilia (3,6%) e Campania (4,1%). Molto basso l'uso della bicicletta
anche nel Lazio (4,4%) e in Liguria (5,3%).



Ancora da sottolineare la
bassa quota di ciclisti assidui nelle grandi citta' (7%), rispetto ai
piccoli e medi centri.

Una quota significativa di spostamenti con le due ruote si lega
a ragioni di lavoro e studio (oltre il 27%), anche se i viaggi in
bicicletta sono motivati principalmente dal desiderio di raggiungere
destinazioni per trascorrere il tempo libero (39,5%) e per la gestione
delle faccende familiari (33%). Cio' testimonia come il ruolo di
''mezzo solo per il tempo libero'' da sempre cucito sulla bicicletta
non e' del tutto reale, si usa il pedale anche come veicolo ordinario
per la mobilita' quotidiana.



Aldila' delle motivazioni dirette connesse allo spostamento e'
importante capire le ''ragioni di fondo'' che portano a scegliere la
bicicletta piuttosto che un altro mezzo di trasporto. Per chi utilizza
le due ruote abitualmente questa ragione va ricercata soprattutto
nell'opportunita' di evitare il traffico e le code (29,3% delle
indicazioni) e nell'opzione salutista di chi afferma che andare in
bici ''fa bene alla salute'' (29,1% delle scelte).



E' peraltro da sottolineare che salute e tempo
libero incentivano l'uso del pedale in misura anche superiore nel caso
dei ciclisti occasionali, superando in entrambi i casi la quota del
37%
. Meno significative sembrano invece essere le motivazioni di tipo
economico (''E' una modalita' di trasporto economico'' con l'11,6% di
indicazioni tra i ciclisti abituali) o ecologico (''Combatto contro
l'inquinamento'' con il 10,9%).
Molti quindi gli italiani che utilizzano la bicicletta, anche
con una certa regolarita', ma tanti di piu' coloro che non l'hanno
fatto nel corso dei tre mesi precedenti l'intervista (il 63% del
totale, come si e' visto).



Come incoraggiare un maggior ricorso al
pedale come modo di trasporto alternativo ai mezzi motorizzati?
In
base alle opinioni del campione di intervistati ''Audimob'' si
dovrebbe puntare in primo luogo alla realizzazione di nuove
infrastrutture ''dedicate'', in particolare le piste ciclabili estese
e soprattutto sicure, difese dai pericoli derivanti dal traffico
stradale.
E poi si dovrebbero mettere in campo forme di incentivazione
all'acquisto del mezzo (il 28% degli intervistati dichiara di non
possedere una bici), di promozione dell'intermodalita' e di servizi di
bike-sharing. Iniziative certamente praticabili oltre che auspicabili,
in particolare nelle grandi citta', dove l'esigenza di una ricerca
costante di nuove forme di mobilita' collettiva economicamente ed
ambientalmente sostenibili, non puo' non considerare la bicicletta
come un moderno ed efficace mezzo di trasporto, destinato a soddisfare
i bisogni ordinari di mobilita' per tutti. (Adnkronos).


domenica 21 settembre 2008

(d)istruzione italiana: l'antidoto Gelmini

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Non so voi, ma secondo me la Gelmini è un ministro strepitoso. E' eretta, rigida, composta, forbita e ha degli occhiali a dir poco meravigliosi. E un sorriso invidiabile. E' passata nell'ultima estate attraverso una protesta dopo l'altra, si è fermata innumerevoli volte a precisare quello che aveva detto, a interpretare ciò che era stato disinterpretato, a rimbeccare gli ubriaconi che le davano ragione per poi remarle contro un secondo dopo, ma è andata dritta per la sua strada.



Ho appena letto l'articolo su lastampa.it dell'intervista di Paola Mastrocola (il cui stile effervescente ho apprezzato parecchio) al Ministro e mi sono convinto ancora di più della bontà della missione di questa signorina lombarda dalle montature sgargianti. Non so come si possa criticarla per avere idee retrograde.



Partiamo dalle basi. Immedesimiamoci in lei. Partiamo da dove parte lei. Da una scuola nazionale i cui fondi sono spesi al 97% per pagare gli stipendi degli insegnanti. Praticamente la scuola italiana è rimasta ferma per quanto? per vent'anni? in questa situazione in cui non ci sono soldi per fare nessunissima altra cosa. Abbiamo voglia a lamentarci che la scuola in Italia è rimasta indietro, e grazie non ci sono fondi per farla progredire.



Con una scuola che è fra le ultime in Europa in termini di qualità, peggio di così non può proprio andare. Ed è una situazione negativa per tutti, da qualunque punto di vista la si guardi. Gli insegnanti hanno le palle piene di lavorare tanto per uno stipendio da fame, ed è proprio vero che l'insegnante migliore è quello che ha vocazione: quelli che la vocazione non la hanno non sono neanche invogliati a impegnarsi più di tanto. E così gli studenti si ritrovano a seguire le lezioni di questi insegnanti demotivati in aule in stato di degenero (io mi ricordo il mio primo anno nello scantinato del mio liceo la nostra aula non aveva neanche il riscaldamento... e d'inverno la temperatura non era proprio da tropici, ve lo posso assicurare), lamentandosi per la qualità delle infrastrutture che in effetti cadono proprio a pezzi. E certo, non ci sono i soldi per riparare nulla, vanno tutti agli insegnanti e per giunta senza nemmeno riuscire a riempire le loro tasche.



Ma allora cosa faremmo noi al posto di Mariastella? Cosa si fa in questi casi?




Si taglia il tagliabile.



Una delle affermazioni della Gelmini che più mi è piaciuta è stata nel periodo iniziale del suo pacchetto di proposte. In occasione dei tagli degli 87mila posti aveva detto che preferiva avere un numero minore di insegnanti ma che fossero meglio pagati, e io non potrei essere più d'accordo. E trovo giusta anche l'idea di guardare e modellare la scuola in funzione degli alunni, non del tasso di disoccupazione del paese. Trovo che le sue proposte di razionalizzazione possano funzionare, in particolare l'idea di favorire i comprensori di scuole che radunino materna, elementare e media sotto un unico istituto: avete un'idea di quante risorse gestionali si risparmierebbero con un solo preside invece di tre, un solo apparato amministrativo invece di tre? Poi finalmente la volontà di introdurre la meritocrazia nel sistema di istruzione italiano, e speriamo che questa volontà si traduca presto in fatti concreti.



Quindi mi stupisco che la gente protesti. E che la sinistra protesti. Ma perché? La Gelmini non cerca di razionalizzare la gestione per trovare le risorse e mettersele in tasca, ma perché queste risorse risparmiate possano essere investite per uno sviluppo futuro più all'avanguardia di quanto il presente della scuola italiana sia mai stato.



Certo, c'è il pericolo, come sottolineato nell'articolo di Paola Mastrocola, che la corda poi venga tirata troppo a favore del punto di vista economico a scapito di quello didattico. Che vengano più usati parametri economici per valutare le scuole senza considerare i parametri meno quantificabili ma più importanti della didattica. Credo tuttavia che sia ancora troppo presto per entrare in stato di allerta. Soprattutto visto che, ora come ora, la scuola così com'è è completamente ferma. Non c'è nessuno che tiri la corda né da una parte né tantomeno dall'altra.



sabato 20 settembre 2008

Sarah Palin tra paradiso e inferno

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Oggi ho deciso di spendere due parole sulla donna più chiaccherata del momento in ambito politico, prendendomi la libertà di qualificarne gli attributi di fascino dal mio personale punto di vista, quello di un ignorante di sinistra (come la cara Carlà). Seguo la politica statunitense da oltre un anno, ma mi ritengo comunque un ignorante. Per uscire dalla categoria dovrei continuare a seguire la politica e trasferirmi negli Stati Uniti per viverla in primo piano, sulla mia pelle; ma vista l'impossibilità di tale progetto, mi accontento del mio blog.



Sarah Palin.



Da dove inizio a descrivere Sarah Palin?



Da quando McCain l'ha scelta come altra estremità del suo ticket è diventata la donna più cliccata su internet. E' diventata la donna più criticata e gossippata del mondo. La sua page su facebook ha raggiunto quota 402mila supporters in meno di tre settimane. E' inutile dire che anche io ho subìto il suo fascino.



Ho sempre avuto un debole per le donne in politica. Soprattutto quelle che hanno sudato per guadagnarsi la visibilità e la reputazione (non come la Carfagna insomma). Quelle che hanno un curriculum politico in ascesa, che ritengo fermamente essere l'indice più rappresentativo non solo di intelligenza politica ma anche di buoni risultati. 



In particolare, ammiro Sarah Palin per la sua carriera fino a questo momento. Dapprima sindaco di questa piccola città di 7 mila abitanti, Wasilla, per due terms consecutivi. E poi Governatrice. Per essere eletta Governatrice deve averne fatte di cose buone da Sindaco, no? E poi anche il suo stato: l'Alaska, questo grande stato americano finora famoso solo per il petrolio e forse per essere stato il setting del film Into The Wild. Sono tre cose che affascinano, politicamente.



E poi c'è la componente di genere: una donna. Il fatto che una persona di successo sia una donna dà sempre una carica di entusiasmo in più. Forse perché abbiamo ancora quest'idea che una donna in qualche modo debba sempre essere più forte, brillante e tenace di un uomo per arrivare in alto. Se davvero McCain l'ha scelta come contro-Hillary anche per intercettare i voti della sinistra moderata, beh, ha compiuto una scelta azzeccata.



Del fatto che sia mamma in realtà non me ne frega molto. In linea di massima credo che, se una donna di successo abbia voluto non avere figli o sfornarne otto, quelli siano affari suoi e non le diano né un vantaggio né uno svantaggio. Perciò non ne parlerò.



Infine, l'ultima componente di fascino di Sarah Palin è la sua coerenza. La coerenza dei suoi comportamenti con i suoi principi, che ognuno considera più o meno giusti o sbagliati. Certo, non ho fatto studi approfonditi sulla sua vita e l'unica sua biografia che ho letto è quella di Wikipedia, però trovo che il tanto pubblicizzato figlio dawn che ha voluto tenere senza abortire a 40 anni di età sia un esempio di quella coerenza, perché quella decisione ha un peso ed incide concretamente sulla sua vita. E' una coerenza che non è solo parlata come quella di tanti altri politici, ma è garantita da fatti.
E poi 3 giorni dopo il parto era già al lavoro. Per me questa è una notizia bomba incredibile che fa salire la sua immagine di mille punti.



Poi invece ci sono tutti i suoi principi, quei principi, in cui io non mi identifico in the slightest (neanche di striscio). La vicenda della povera figlia 17enne che sposa il giocatore di hockey che l'ha messa incinta mi fa inorridire. Che sia proprio volontà della 17enne o che invece sia un'imposizione della madre, poi, non lo sappiamo, e quindi non vado oltre. Ma il suo conservatorismo mi fa rabbrividire e rappresenta tutto ciò che sta agli antipodi di cuò in cui credo. E il fatto che lo propugni con una tale forza d'animo e decisione mi fa quasi paura. Mi sembra quasi un'indemoniata. L'incarnazione dell'inquisizione nel XXI secolo. Il malleus maleficarum fatto persona.



Sia mai che vincano ancora i Repubblicani.
Ma Sarah rimane comunque una figura capace di dare molta ispirazione.
Ed è bene che i Democrats ne tengano ben conto.



giovedì 18 settembre 2008

In città senza la mia auto

Emw
Aria pulita per tutti.



Questa la traduzione italiana dell'iniziativa europea nell'ambito della European Mobility Week 2008, dal 16 al 22 settembre. E' l'undicesima edizione di questa giornata internazionale, che tradizionalmente chiude la settimana europea di mobilità. In quest'edizione, gli abitanti torinesi ed europei sono chiamati a dare il proprio contributo alla mobilità sostenibile recandosi al lavoro in bicicletta, in metropolitana, in autobus, in tram, in bicicletta o a piedi.



Leviamoci queste auto da sotto il deretano, please.
Iniziamo il 22 settembre. Settimana nuova, vita nuova.



Katy Perry e la strategia di marketing

Images A tutti noi piace la musica con anima. Quella profonda, con i testi significativi che è un piacere leggere perché riflettono parti di noi, momenti di vita, stati d'animo particolari. Musica da Alanis Morissette insomma, che puoi ascoltare per anni e riesce sempre a trasmetterti qualche significato nuovo. Io ascolto ancora Doth I Protest Too Much e ogni volta quel testo e quella musica sono una scoperta nuova.



A volte però ci piace anche la musica superficiale. Quella frivola, che non impegna, trasmette solo good vibrations e ci libera la mente. Perché, alla fine dei conti, diciamocela tutta: nella realtà di oggi ci sono talmente tante cose che dobbiamo prendere seriamente che è un nostro sacrosanto diritto immergerci nella superficialità della musica per rilassarci un po'. E' per questo che mi piace la musica pop.



Volevo dare a questo blog un taglio più serioso, ma ho capito che la massima della vita e della musica superficiale vale anche per un blog e per un blogger.



Oggi ho ascoltato di nuovo il singolo di Katy Perry, lo strascanzonato I Kissed A Girl e mentre guidavo per Torino mi sono reso conto che la storiella raccontata dalle parole della canzone è un'opera di marketing perfettamente realizzata. E qui mi riferisco ai gruppi sociali potenziali target della canzone. Vado a fare un discorso un po' sociologico insomma, e faccio riferimento alle divisioni per sesso e orientamento sessuale. E inserisco anche un po' di stereotipi, siete avvertiti... nessuno se la prenda a male, suvvia.



I maschi etero, solitamente i più restii ad ascoltare musica pop, ancor di più se cantata da una donna, si sentono legittimati ad ascoltare questa canzone e persino a cantarne il ritornello. Del resto l'amore lesbico è sempre la prima fantasia di un maschio eterosessuale, e si sa. Un uomo che si ritrova a canticchiare la canzone si giustifica con questo motivo. E poi Katy Perry è una ragazza niente male da guardare.



I maschi gay invece si sentono toccati in prima persona. La situazione cantata dal ritornello infatti calza a pennello con la loro situazione, anche loro sarebbero sorpresi di aver baciato una ragazza e ancor più di aver apprezzato quel momento. Ogni singolo gay potrebbe cantarla con lo stesso animo di Katy Perry.



Le donne etero sono sempre il macrogruppo che più si adegua ad ogni situazione, senza estremismi. Nel nostro singolo caso, vedo che le donne etero apprezzano la canzone con una dose più meno massiccia di indifferenza, ne canticchiano il ritornello, alcune si rispecchiano nel testo, altre cercano di azzeccare le parole in inglese, altre ancora ammirano il candore della pelle di Katy Perry.



Le donne lesbiche sono quelle che rappresentano meno il target della canzone. Loro nelle parole di Katy non si rispecchiano, e molte sono quelle che disprezzano la musica pop. Solo le lipstick ne apprezzano il ritmo. Ma tutte concordano sul fatto che Katy Perry è una ragazza da guardare.



Con una canzone che qualcuno ha paragonato ad un inno lesbo (mah), Katy Perry (e chi le sta dietro) è riuscita a colpire il 90% degli ascoltatori. Il calcolo non è male per essere solo musica superficiale.



mercoledì 17 settembre 2008

Mobilità (in)sostenibile

Mobilita
Da pochissimi giorni ho acquistato una nuova Panda con alimentazione a metano, "Natural Power" è il nome altisonante dato dalla Fiat a questo nuovo modello di Pandina.



A parte la comunicazione di prodotto che abbellisce sempre il tutto, l'alimentazione a metano è davvero una straordinaria trovata. Riesce a coniugare rispetto per l'ambiente e mobilità ecosostenibile con un effettivo ritorno economico: non solo appaga le coscenze ecologiche, ma il metano costa oltretutto quasi la metà della benzina. Ad oggi, per esempio,  l'Agip riporta 1,428 per la benzina, 1,362 per il diesel, 0,683 per il GPL, 0,896 per il metano.  Una soluzione di responsabilità ambientale totalmente riuscita, anche dal punto di vista del business.



L'unica pecca è che i distributori di metano non sono ancora così diffusi, anche se è verissimo che, se la Fiat ha iniziato a produrre automobili a metano, è perché è sicura della sua prossima diffusione. In effetti con gli incentivi regionali sul metano (pari a 2000€ + assenza di bollo per i primi 5 anni di vita dell'auto), questa è l'unica soluzione intelligente: installare un impianto GPL non conviene più (costa intorno ai 2000€, tanto quanto gli incentivi sul metano), né tantomeno conviene acquistare un'auto esclusivamente a benzina, dato che a lungo termine si va a perdere. Senza contare le questioni di sicurezza, il metano è un gas naturale e perciò è totalmente sicuro.



Proprio ieri invece ho chiesto informazioni sul servizio di car sharing adottato da qualche anno dal comune di Torino, ed ora anche di Collegno e Grugliasco (quelle famose automobili del Car City Club con la scritta "io guido" in arancione sul fianco). Confesso che l'idea di utilizzare un'auto in comune con altri, e quindi solo quando ne si ha veramente bisogno, mi alletta moltissimo. La trovo una soluzione capace di coniugare il bisogno dei torinesi di avere sempre una macchina sotto il deretano con un utilizzo molto più moderato della stessa, e quindi con un risparmio notevole di emissioni (tanto più che le automobili utilizzate dal car sharing sono tutte a metano).



Tuttavia ho alcune perplessità. In primis relativamente ai costi. L'utilizzatore del servizio paga una quota annuale (o semestrale, trimestrale o mensile) pari a 180 €. E fin qui tutto tranquillo. Poi il costo dell'utilizzo dell'automobile è duplice: vi è un costo chilometrico e un costo orario. Per una Punto, per esempio, il costo è di 2,20€ all'ora e 0,50€ al km. Vi sono poi sconti se l'utilizzo è effettuato di notte e se si superano i 100 km). Non ho avuto ancora occasione di fare due calcoli considerando la mia frequenza di utilizzo del veicolo, ma se supponiamo una situazione generale in cui una persona usa l'auto per andare al lavoro e poi fare qualche commissione prima di tornare a casa, possiamo ipotizzare che il torinese medio tenga l'auto in sharing occupata per 11 ore facendo 20 km ogni giorno? Considerando l'orario di lavoro, poi la spesa, la seduta settimanale di psicoterapia e il figlio da portare e riprendere in piscina, direi di sì. In questo caso, il torinese medio spenderebbe 34 € al giorno, che sui 5 giorni lavorativi si tradurrebbe in 170 €. A cui si devono poi aggiungere le uscite serali, le scampagnate nel weekend e tutti quei piccoli imprevisti di ogni giorno. Facciamo 220€ alla settimana? Quindi otteniamo 880€ al mese. Che è una cifra spropositata per l'utilizzo dell'auto che fa il torinese medio.



Diverso è il caso in cui consideriamo un torinese... speciale (stavo per scrivere anormale, ma poi ho pensato di rendere il complimento più chiaro) che va al lavoro in bici, e che quindi non spende nulla per le sue otto ore di parcheggio, fa esercizio quotidiano, consuma le sue calorie, e cresce più sano e più bello (come la Lambertucci). Se il nostro torinese speciale utilizza l'auto in sharing per le sue 3 uscite settimanali in cui l'auto gli è proprio necessaria (3hx10km), due uscite serali (5hx10km) e le scampagnate nel weekend (8hx50km), l'auto gli costa 119€ al mese. In più non ha lo stress di cercare parcheggio perché parcheggia sulle strisce blu senza pagare, può circolare sulle corsie riservate ai mezzi pubblici e non avrà mai restrizioni di accesso al centro città e non pagherà metano, bollo o assicurazione. Non c'è confronto insomma. Il car sharing è un servizio conveniente solo per chi utilizza l'auto in maniera non ordinaria, e paga infatti solo il costo di utilizzo. 



Un'altra perplessità è dovuta al sistema di utilizzo: bisogna infatti prenotare l'auto per tempo, altrimenti ce la si può vedere soffiata, e bisogna riportarla esclusivamente nel parcheggio in cui la si è presa.



Riguardo alla prenotazione, bisogna insomma sempre giocare d'anticipo: pena l'uso di una Multipla (tariffe orarie e a km più care) quando in realtà una 600 sarebbe più che sufficiente. Cosa succede se ho un'emergenza improvvisa e non posso prenotare in anticipo?



Relativamente alla situazione dei parcheggi, sarebbe grandioso se si potesse prendere un'auto dal parcheggio vicino a casa e lasciarla in qualsiasi parcheggio della città. Sarebbe veramente una mobilità senza limiti. Capisco però i problemi di gestione e coordinamento che ciò provocherebbe al Car City Club, soprattutto pensando a tutti quei torinesi in carriera che prenderebbero le auto dalla periferia per lasciarla poi in centro e magari tornare a casa la sera con la macchina di un collega. Il centro si ritroverebbe in pochi giorni a straripare di automobili mentre la periferia piangerebbe, così come quegli stessi torinesi in carriera che il giorno dopo non troverebbero più l'auto sotto casa e andrebbero a lamentarsi al Car City Club.



E un torinese che si lamenta non è cosa da prendere alla leggera.



No no, meglio soprassedere. Per ora almeno.



martedì 16 settembre 2008

Piste ciclabili a Torino

Ibikecph
Dopo un anno passato a muoversi in bici a Copenaghen, non si torna più indietro.
Usare la bici come mezzo di trasporto è un'esperienza unica che combina facilità di spostamento, esercizio fisico e assenza di inquinamento. It's a win-win-win.



Dal mio rientro a Torino ho iniziato a esplorare le possibilità che la città offriva a chi voleva muoversi in bici all'interno della città, e le mie impressioni sono state decisamente migliori di quanto mi aspettassi. Le piste ciclabili sono molte, e la comunità ciclistica che le utilizza è di gran lunga maggiore di quanto credessi.



Certo, questo non vuol dire che la situazione non sia migliorabile. Uno dei problemi maggiori è il fatto che le piste sono raramente collegate tra loro, rendendo i passaggi da una pista all'altra molto difficili e pericolosi per un ciclista. Un esempio tra tutti, segnalato dalla mia amica cherchilla di criticalmap.org, la pista ciclabile di Corso Inghilterra, che non è collagata a quella di Corso Francia né a quella di Corso Castelfidardo: il ciclista deve imboccare il Corso sulla carreggiata insieme alle auto, poi spostarsi dopo 200 metri al centro dove si trova la pista, percorrere quel tratto e ributtarsi in carreggiata.
Un altro problema è la conformazione stessa delle piste ciclabili, che spesso sono a raso e vengono usate come parcheggio dalle automobili, se non persino come parcheggio in doppia fila.
Terzo e ultimo problema che mi sento di segnalare come ciclista urbano, anche se ce ne sarebbero sicuramente molti altri, è l'assenza di collegamenti dalla città verso la prima cintura, e viceversa. La zona Nord di Torino è praticamente sprovvista di collegamenti verso la città più vicina, Settimo Torinese. L'unico collegamento che esiste è quello che segue il corso del Po, da una parte lungo Corso Casale, dall'altra attraverso il Parco della Colletta, che arriva a San Mauro e da cui si può poi utilizzare il nuovo parco lungo il fiume per arrivare a Settimo. Il percorso in sé non è affatto male: è esclusivamente ciclopedonale ed è chiuso al traffico per la maggior parte della lunghezza; tuttavia, per un tragitto Settimo Torinese - centro di Torino, le distanze con questo percorso vengono allungate in maniera spropositata.



Riconosco però che il comune di Torino si sta davvero impegnando nella diffusione delle piste ciclabili in città. Proprio ieri ho scoperto per la prima volta la pista ciclabile in via Principe Amedeo che collega il centro con quella già esistente di via Bertola, e quella in senso di circolazione inverso di via Arcivescovado e via Cavour. E anche sul tratto verso Settimo Torinese, che mi riguarda da vicino, è stata costruita da poco una pista ciclabile che collega il centro commerciale Auchan con lo stabilimento Michelin lungo Corso Romania, con l'intento in un futuro prossimo di dotare l'ultimo tratto del Corso di una pista ciclabile che si colleghi con quella che partendo dal Villaggio Olimpia arriva fino a Settimo Torinese.



Spero che si vada decisamente avanti in questa direzione, perché l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto è qualcosa che vale la pena di essere scoperto per tutti i vantaggi che comporta: da quelli urbani, come la riduzione del traffico e dell'inquinamento, a quelli personali, dai benefici per la salute, l'organismo, il fisico e la mente ad altri quali la riduzione dello stress da traffico (vogliamo mettere?), la scoperta di particolari della città mai notati prima (ve lo giuro), e la sensazione di appartenere ad una comunità di persone che è consapevole di fare qualcosa di buono per sé stessi e la città intera. Persino la Contessa Barbara Ronchi della Rocca si sposta in bici! Vogliamo provarci anche noi?



lunedì 15 settembre 2008

Il bambino russo e il bambino americano

Relations_large
Gli ultimi sviluppi internazionali dalla crisi Georgiana in poi non sono per nulla rassicuranti per il mondo intero. La Russia continua la propria escalation di baldanzosità, come uno di quei bambini arroganti che si diverte a provocare il suo aminemico, pur sapendo (o forse proprio per quello) che a lui toccherà il ruolo di 'bambino cattivo' mentre all'altro verrà sempre attribuita la parte del 'bambino bravo'.



Ora, io credo che in quanto a cattiverie e meschinità sia gli Stati Uniti sia la Russia siano a pari livello. L'unica differenza è che la Russia, vuoi per ingenuità, stupidità o sincerità, non riesce a mascherarle. Ieri ho letto un articolo riguardante lo scontro Georgiano, in cui l'autore sottolineava il ruolo degli Stati Uniti nell'innescare il conflitto. Infatti, sosteneva l'autore, uno stato mignon come la Georgia non si sarebbe mai sognato di attaccare né tantomeno provocare l'acerrimo nemico e vicino russo se non fosse stata più che convinta di avere le spalle coperte dall'aiuto dell'intervento americano. Che è un'ipotesi che sta in piedi, secondo me. E mi meraviglio di non averla mai letta prima sui giornali.



Solo che, povera Georgia, l'intervento americano non c'è poi stato. Lo stesso autore sosteneva che tutto il trambusto fosse stato organizzato dall'amministrazione Bush per aumentare nell'opinione pubblica americana il senso di pericolo incombente di una prossima azione militare russa, in modo da avvantaggiare i Repubblicani nelle prossime elezioni, dato che la caratteristica principale del loro candidato John McCain è quella di essere stato un soldato (ormai dicono solo quello di lui). Questa spiegazione mi fa inorridire. Come gli interessi di un paio di persone possano arrivare a minare la stabilità di un territorio e di molte, molte altre persone che ora, mentre l'amministrazione repubblicana è nelle loro case di Wisteria Lane con le loro Stepford Wives, sono sfollate e in esilio nell'Ossezia del Nord piuttosto che in Azerbaigian.



E qui giungiamo al ruolo dell'Europa in tutto ciò. Sono contento del ruolo mediatore assunto da Strasburgo, e anche della parvenza di unanimità che in quest'occasione pare esserci stata nei 27 (anche se la Polonia rimane sempre la spina nel fianco), tuttavia mi sembra si stiano usando due pesi e due misure diverse a seconda della nostra convenienza. Mi riferisco in particolare al Kosovo. Quando quest'enclave reclamava l'indipendenza dalla Serbia, tradizionale alleato della Russia, tutta l'Europa e gli Stati Uniti hanno alzato le loro bandiere in nome del principio di diritto internazionale di autodeterminazione dei popoli. E via l'indipendenza al Kosovo. Per le repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud invece questo diritto non esisteva. Anzi, ci si è appellati ad un altro principio del diritto internazionale che predica l'integrità del territorio di uno stato sovrano, in questo caso di quello Georgiano. Ma perché questa differenza di trattamento allora? Quando ci sono di mezzo i nostri amici, allora li favoriamo, e quando possiamo mettere i bastoni tra le ruote dei nostri nemici, allora lo facciamo? Non è questa l'Europa in cui voglio crescere.



E la Russia continua a cascare come una polla in tutti questi giochetti del mondo occidentale. I Russi hanno un orgoglio così vivo per il loro precedente status di superpotenza mondiale che non riescono a ragionare con lucidità. Un po' come i torinesi e l'orgoglio per il loro passato di capitale, insomma. Gli Stati Uniti continuano a stuzzicare Mosca, che non chiede di meglio per mostrare i propri muscoli. Ma questo non è un gioco. Washington e Mosca non sono due bambini. Al contrario, di vite (e di bambini veri) a rischio ce ne sono molte, e per ogni 'piccolo' scontro di nuova guerra fredda tra i due, sono sempre i civili a rimetterci. USA e Russia non si rendono conto che continuare a stuzzicarsi a vicenda non può dar luce a niente di buono. E non si rendono conto che, qualora un conflitto dovesse aprirsi, sicuramente non ci sarebbe vincitore alcuno: saremmo tutti perdenti. E morti.




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