Visualizzazione post con etichetta Attualità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Attualità. Mostra tutti i post

giovedì 22 gennaio 2009

Eluana, la Bresso e gli ayatollah

Eluana
Se il mio blog fosse un quotidiano on paper metterei in prima pagina la dichiarazione della Bresso sulla vicenda di Eluana. Finalmente qualcuno di sinistra che smette di essere papista e si attiva per riaffermare la laicità dello stato.



Perché, al di là della vicenda personale di Eluana su cui si possono avere opinioni diverse e in ogni caso legittime proprio perché personali e soggettive, è proprio la questione della laicità dello stato che è al centro del dibattito pubblico ora. La vicenda di Eluana, triste a dirsi, è solo uno strumento per riportare al centro dell'attenzione questa questione.



Non è la prima volta che succede (vedi il caso Welby), e la sensazione che ho è sempre la stessa: ogni singola persona, anche il più bianco dei guelfi, in cuor suo prova pena per la condizione in cui Eluana versa da più di dieci anni, e sempre in cuor suo ognuno sarebbe pronto a darle quel riposo che finalmente merita. Ma la faccia pubblica che bisogna mostrare non consente di esprimere questa pietas. Assolutamente no, uomini di chiesa e politici recitano un copione in cui devono categoricamente affermare ogni santa volta di essere "a favore della vita", "a favore dell'anima", "a favore della chiesa", "a favore della dignità umana".



Ma quale dignità umana? La dignità umana è finita nel momento in cui si è usata una vicenda personale per scoccare le proprie frecce contro il sacrosanto diritto che ognuno di noi ha di scegliere. Scegliere. Scegliere per sé. Scegliere per la propria vita. Questa dei politici come Sacconi o dei cardinali come Poletto non è una crociata a favore di niente, è solo una crociata contro mascherata dal solito progetto angelico.



Questi temi come l'eutanasia e il testamento biologico sono delicati, e NESSUNO può pensare di voler imporre la propria volontà agli altri. Imporre la propria volontà significa cancellare la libertà di scelta del singolo individuo, e io a ciò non mi rassegnerò mai.



mercoledì 31 dicembre 2008

Cosa buttare e cosa tenere del 2008?

Fireworks
Io butterei via il Vaticano.
Persino più di quanto butterei via Berlusconi.
E basta, non se ne può più. Trasferiamolo in Groenlandia come hanno proposto su Facebook. Magari tra ghiaccio, trichechi o inuit Benedetto trova il suo ambiente naturale.
Oggi ho persino letto che lo Stato del Vaticano ha annullato il recepimento automatico delle leggi varate in Italia. Ottima cosa. Quando si deciderà l'Italia a fare lo stesso con le leggi vaticane?



E invece tengo volentieri l'onestà di Tiziana Concu, responsabile di un negozio di alimentari di Cagliari, che ha trovato 160 mila euro in una cassetta e, invece di tenerseli come suo passepartout personale contro la crisi economica, li ha restituiti tutti.
Un bell'esempio di come gli italiani non siano solo mafiosi, politici, o corrotti... o tutte le tre cose insieme.



Un augurio di uno stupendo 2009 a tutti.



mercoledì 12 novembre 2008

"Sad Motorola" e svendita cervelli

Motorolainside
Continuando il tema del mio post di una settimana fa sul licenziamento dei dipendenti Motorola, dopo una settimana di silenzio stagno in cui le uniche parole che sentivamo noi al secondo piano erano quelle della sicurezza che, al cancello, imperterrita, domandava il tesserino per lasciarti entrare, sono finalmente arrivati i primi movimenti. I primi gesti, espressioni di malcontento, di delusione per una sorte che pare essere stata decisa nel giro di un fine settimana. O poco più.



Le bandiere dei sindacati appese all'ingresso. Uno striscione che recita "SVENDITA CERVELLI" appeso alla balconata del primo piano. E un logo fenomenale appeso alle finestre degli uffici: sad Moto. Sad Moto è l'espressione grafica di quello che era un grande progetto, apprezzato da tutto l'hinterland torinese, un piano che doveva portare Torino ad essere un polo di eccellenza nella tecnologia - un piano che ora è fallito.



Pare. Almeno per ora.



Rimangono solo le parole di consolazione di Mercedes Bresso (veritiere, ma sempre di mera consolazione... almeno per ora):



«Il Piemonte - ha spiegato - ha un’economia più aperta rispetto ad
altre realtà italiane. Questo significa anche essere maggiormente
esposti a crisi originate all’estero. La chiusura del centro di ricerca
della Motorola - ha esemplificato - non è un fallimento del nostro
sistema, ma la conseguenza del fatto di avere aziende straniere che
investono sul nostro territorio. Tali aziende hanno ovviamente il loro
core business altrove, e di fronte alle difficoltà chiudono quello che
avevano aperto da noi».



«Però essere aperti - ha concluso
Mercedes Bresso - vale nei due sensi, saremo anche i primi quando
arriverà il momento della ripresa. E tornando alla Motorola, non ci
diamo ancora per sconfitti: avere a Torino 400 ingegneri e tecnici di
elevata qualità in cerca di lavoro potrebbe attirare sul nostro
territorio altre imprese del settore».



Intanto l'unico a tenere campo qui in via Cardinal Massaia è sad Moto.
Almeno per ora.



(intervista: lastampa.it)
(foto: motorolainside)



martedì 4 novembre 2008

Licenziati.

Italytorino
Ieri, come ogni mattina, arrivo al lavoro passando, come sempre, dall'ingresso posteriore. Al posto del portone spalancato però, ad accogliermi trovo un uomo tutto vestito di nero della sicurezza che mi fissa e con tono perentorio mi intima: "tesserino". Io rimango stranito, tesserino di cosa? Io non ne ho mai avuto uno.



Poi mi viene in mente che la mia società condivide il palazzo con la Motorola (o, meglio, ne affitta alcuni uffici al secondo piano), e mi torna alla mente quello che avevo appena letto su La Stampa al bar, proprio cinque minuti prima: l'articolo spiegava che la Motorola temesse che gli impiegati licenziati o licenziandi portassero via tutto l'arraffabile: portatili, cellulari, altre diavolerie tecnologiche... come alla Lehmann Brothers qualche settimana fa. E per questo avevano persino fatto sparire tutti gli scatoloni dall'ufficio.



E ora anche la sicurezza all'ingresso.



Dichiarando di lavorare al secondo piano, la guardia mi fa entrare e lì vedo tutti lì, al pian terreno, davanti all'ingresso, gli impiegati della Motorola. Ci sarà una riunione in mattinata per decidere il futuro del centro torinese. Le voci di corridoio dicono che la comunicazione del fatto che ci sarebbero stati esuberi fosse arrivata venerdì da un responsabile, che pare avesse detto "ci sarà una riunione lunedì, e non ci saranno buone notizie". Patatrak. Una bomba così, dal nulla. Just like that.



Solo che venerdì la peggiore delle ipotesi contemplata pare fosse il licenziamento della metà degli impiegati del centro torinese, mentre lunedì mattina si parla anche della possibilità di un licenziamento totale e delle chiusura del centro. Un centro che non ha nemmeno rappresentanza sindacale, presumo perché i rapporti con la società americana sono sempre filati lisci.



Rimango abbastanza sconfortato dall'atmosfera che si respira. Il giorno prima era scoppiato il caso Michelin, poi la Dayco, ora anche la Motorola, con cui per giunta ho un contatto diretto quotidiano. Anche nel mio ufficio l'atmosfera di quella mattina non è delle migliori. Aspettiamo notizie su lastampa.it, ma più di tutti aspettiamo delle reazioni dai piani di sotto.



Non sentiamo nulla però - almeno finché non arriva un'e-mail ad un mio collega da parte di una sua amica impiegata alla Motorola: la riunione è finita. Il centro Motorola torinese chiude.



Sono stati tutti licenziati.



Just like that.



sabato 1 novembre 2008

Scuola, università, preferenze, scioperi e violenza

Berlusca
Purtroppo ultimamente non ho avuto tempo di informarmi a dovere su tutto quello che sta succedendo relativamente alla riforma della scuola, dell'università, agli scioperi e agli ultimi sviluppi violenti di tutto quanto.



Quanto è successo a Piazza Navona è un vero scandalo. Io parlo avendo ascoltato solo una campana, quella del servizio di Enrico Mentana a Matrix ieri sera, quindi potrei non aver colto le argomentazioni dell'altra parte. Ad ogni modo, che il governo al Senato abbia lodato le forze dell'ordine per aver svolto la loro funzione in maniera 'equilibrata' è una stronzata bella e buona. Senza criticare le forze dell'ordine il cui compito non era certamente facile, ma essere stati - secondo il servizio di Mentana - 3 minuti senza fare nulla mentre i manifestanti si prendevano a botte e bastonate non può certamente essere definita un'azione 'equilibrata'.



Poi, Maroni che interviene con il decreto per arrestare chi occupa. E due settimane fa Berlusconi che dice che manderanno la polizia, poi si smentisce, e ora probabilmente smentirà anche la smentita. Ma dove stiamo? Ma cosa stiamo facendo? Ma la democrazia dov'è finita? Il Governo puzza sempre di più di quell'autorità che molti giornali già avevano annusato uno o due mesi fa - ovvero grazie alla loro forza numerica nelle camere, stanno andando avanti per la loro strada senza curarsi di nulla.



E non mi vengano a dire che alle manifestazioni ci vanno solo i facinorosi. La serie di manifestazioni studentesche è durata UNA SETTIMANA, non stiamo parlando di due orette in centro a Roma, ma di manifestazioni, occupazioni e proteste durate una settimana IN TUTTO IL PAESE. Eppure Gelmini, Berlusconi & Co. paiono neanche accorgersi della portata del movimento, e continuano a scrollare le spalle preferendo dare (come al solito) la colpa alla sinistra che 'prende in giro' gli studenti. Pronto? Terra chiama Berlusconi, Terra chiama Berlusconi.



Un meraviglioso thumb up agli studenti per la stupenda organizzazione che hanno avuto. Vorrei solo aver avuto più tempo per valutare le misure previste dalla riforma sulle università per poter esprimere meglio la mia opinione. Non potendo, mi permetto solo di giudicare quello che vedo - e in questo caso quello che vedo è che gli studenti hanno avuto il coraggio di imporsi in maniera uniforme per ciò che riguarda il loro futuro, e non si sono afflosciati ad aspettare inermi come molte altre categorie sociali l'arrivo di tempi migliori, lasciando al governo via libera per fare i loro comodi. Peccato che gli sconti di piazza Navona abbiano guastato il tutto. Ma, forse, anche questo non è casuale, come qualcuno sostiene.



Intanto la categoria dei parlamentari continua a inorridirmi sempre di più. E vorrei avere qui davanti Berlusconi a dirmi che le preferenze bloccate servono ad avere politici seri al Parlamento Europeo. Berlusconi, ma vai a quel paese tu e la tua concezione di democrazia.



E ovviamente la frase ogni paese ha i politici che merita ha la sua bella dose di verità sempiterna.



(foto: despina92)



domenica 28 settembre 2008

Controlli sulle strade e (im)mobilità pubblica torinese

Inea1 E' sabato sera e ho deciso di non uscire. La febbre dei controlli a tappeto che stanno facendo sulla strada ha colpito anche me togliendomi quasi completamente la voglia di andare fuori, specialmente la sera e ancor di più di sera nei weekend. 



Io sono di solito molto contento riguardo ai progressi fatti dalla mobilità pubblica GTT nella città di Torino. Ho anche appena letto un articolo in cui si gioisce delle 6000 auto in meno sulle strade e dei 12000 passeggeri in più sui pullman. Me ne compiaccio. Sono anche stato uno strenuo sostenitore dei bus notturni, che dall'estate la città ha finalmente inaugurato, anche se solo in via sperimentale e non definitiva (vedi la pagina della GTT).



Però qualcosa ancora non va. C'è qualcosa che si può migliorare.
E parto dal mio caso personale. I problemi della mobilità torinese che mi riguardano sono 2: il trasporto notturno settimanale e il trasporto nella prima cintura di Torino - in particolare, riferendomi al mio caso, alla città di Settimo Torinese.



Io lavoro solitamente fino all'una di notte al Lingotto in settimana e nei weekend. In settimana, che alternative ho per tornare a casa senza usare l'automobile? Nessuna. Il 18 e le altre linee che passano dal Lingotto terminano le loro corse a mezzanotte. L'unica linea ancora in funzione è l'1, che però arriva solo fino a Porta Nuova. E l'ultimo treno per Settimo parte alle 00.27. E io da Porta Nuova a casa come ci arrivo?



E' un peccato, perché se avessi la possibilità di utilizzare i mezzi pubblici per tornare di notte, sarei più che felice di lasciare l'automobile a casa anche all'andata ed evitare di guidare nel traffico per quasi un'ora per attraversare la città. Che, anche passando per i non trafficati Corso Sella e Corso Lanza, proprio una passeggiata non è.



Secondo problema, quello attuale di stasera: usciamo la sera, nel weekend. Perfetto, i mezzi pubblici notturni ci sono - purtroppo però arrivano (giustamente, forse) fino ai limiti della città, in piazza Derna e in piazza Sofia. E il tratto di strada dopo come lo percorro? Ho pensato alla bici - ma non ci sono piste ciclabili continue che portino fino a Settimo. L'unica pista ciclabile continua è lungo la Dora e il Po, ma per molti tratti non è illuminata e percorrerla di notte non credo sia molto indicato. Altre possibilità? Un taxi. Ma francamente mi verrebbe a costare quasi quanto la serata stessa, e io rientro nella categoria dei precari sottopagati e una corsa in taxi non me la posso proprio permettere. Andare a piedi purtroppo non è un'opzione: se anche sopravvivessi ai manigoldi lungo la strada, la traversata mi prenderebbe più di un'ora. Non ho possibilità di tornare a casa senza l'automobile.



E prendere l'automobile, per quanto solo da piazza Derna o piazza Sofia fino a Settimo, non è più un'opzione valida. Guidare da ubriachi proprio non esiste; a volte però sei piuttosto lucido, e credi di riuscire a tornare a casa sano e salvo. Per fortuna/purtroppo però, le due vie di collegamento con Settimo sono spesso pattugliate dai carabinieri che effettuano giustamente i controlli di sicurezza. E, per quanto lucido tu possa sentirti, i drink che hai bevuto non si cancellano. E a questo punto che fai? Rischi una multona, rischi il sequestro della macchina o, ancor peggio, rischi un incidente per una notte di divertimento?



No, rimani a casa.



giovedì 25 settembre 2008

Brunetta, Rotondi e Madama DiDoRé

16752
Oh quante belle figlie Madama Doré, oh quante belle figlie!



Parliamo della nuova proposta, a carattere esclusivamente personale, portata avanti dai Ministri Brunetta e Rotondi. Tale proposta non è infatti contemplata nel programma di Governo, e lo stesso Brunetta in più interviste ha ribadito che si tratta del frutto di una riflessione da Professore più che da Ministro. Professore di economia, nel suo caso.



Iniziamo dal nome. Di.Do.Re sta per Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi. E' la quarta proposta di regolamentazione delle unioni di fatto in Italia, dopo i PACS, i DiCo e i CUS. Non ha fatto grande notizia nell'opinione pubblica, anche se ha fatto infiammare per qualche secondo la componente teocratica del nostro Parlamento e ha lasciato invece sorpresa (per qualche secondo, anche qui) tutta l'opposizione.



Che la proposta dei due Ministri sia arrivata dal nulla e abbia provocato una certa dose di shock, lo dimostra che persino le associazioni gay siano rimaste in silenzio. Al contrario di ogni proposta avanzata in passato che suscitava approvazione o rifiuto estremi, i DiDoRé hanno messo tutti a tacere. Per due motivi: il primo, che la popolazione italiana (per il 75% favorevole ad una regolamentazione delle coppie di fatto) non si aspettava una tale proposta da un governo di centrodestra. Il secondo, che la popolazione gay italiana non si aspettava che tale proposta proveniente da un governo di centrodestra arrivasse a contemplare anche le unioni di fatto omosessuali.



Insomma, abbiamo sempre guardato alla laica anticlericale egualitaria Sinistra Arcobaleno per un provvedimento del genere e ce lo vediamo arrivare da due ministri laici del Popolo delle Libertà. Quando si dice che in life, you never know.



Brunetta è un grande. Non c'è altro da dire. Figlio di un venditore ambulante, come lui stesso ama spesso ribadire durante le interviste, si vede che è cresciuto con i propri mezzi e i propri sforzi. Pur essendo Professore di economia e Ministro, mantiene quella concretezza propria della classe media che rimane con i piedi per terra e non se la sta tanto a contare, tanto per dirla in termini dialettali. C'era da rimettere a posto la pubblica amministrazione e lui si è messo sotto in questa direzione, senza tante parole ma con tanti fatti, senza ipocrisia ma con misure dirette e concrete, ottenendo risultati già da subito.



Alla luce di questo suo ultimissimo sviluppo di carriera nel Governo Berlusconi IV, non c'è da meravigliarsi che una proposta sulle unioni di fatto arrivi da lui, insomma. Da rigoroso professore di economia qual è, considera i PACS e i DiCo una forma fallimentare di regolamentazione in quanto costituivano un carico ulteriore sulle spese del welfare statale. La proposta dei DiDoRé infatti non prevede la reversibilità della pensione per i conviventi. Prevede però il diritto, in caso di malattia, di visitare il convivente e
accudirlo. Di designarlo come rappresentante per le decisioni in
materia di salute, donazione degli organi, trattamento del corpo e
celebrazioni funerarie. Di succedergli nel contratto di locazione. Con il dovere di provvedere,
ad esempio, agli alimenti per un periodo proporzionale alla durata
della convivenza.



Nelle parole del Ministro Brunetta ci sono, a mio parere, tante cose positive (e innovative, se pensiamo al bigottismo diffuso nella politica italiana), ma anche altre che non condivido. Tra le cose positive e innovative, Brunetta ha affermato di essere totalmente laico, di non volere che lo Stato si infili sotto le lenzuola degli italiani (quindi includendo le coppie omosessuali nella regolamentazione delle unioni di fatto), di ritenere fondamentale il rispetto reciproco delle opinioni diverse, di non cercare lo scontro né con la politica né con la Chiesa.



Tra le cose negative invece, il Ministro ritiene la famiglia come definita dalla Costituzione, che non può prescindere dal matrimonio tra un uomo e una donna. Ritiene la famiglia un bene pubblico, e come tale destinatario del Welfare. Certo, poi afferma anche che esistono unioni che non sono beni pubblici ma che sono comunque beni e meritano l'attenzione e la tutela dello Stato.



Però qui mi fermo e mi chiedo: io gay che voglio costruire qualcosa con il mio compagno, non ho il diritto di essere considerato bene pubblico? Io che lavoro, che vivo nella legalità, che rispetto la legge, che magari non produrrò figli ma che contribuirò con la mia vita a rendere migliore l'economia, piuttosto che la politica, o l'ambiente o qualsiasi altra cosa di cui deciderò di occuparmi, io non merito la stessa considerazione di un padre di famiglia, di un marito, di un uomo eterosessuale?



La solita domanda di sempre, insomma.



E poi mi imbestialisco quando penso ai casi di famiglie che, pur malsane, sono tutelate dalla legislazione in quanto beni pubblici. Il marito che picchia la moglie e i figli, che non permette alla moglie di lavorare, che sfrutta i figli, e che magari ha anche legami con attività mafiose, e che alla fine è considerato bene pubblico solo perché è eterosessuale, sposato e con potenziale prole al seguito.



Ma come posso io non avere i suoi stessi diritti?



Certo, se la proposta diventasse legge sarebbe comunque un passo da gigante in avanti qui, in Italia, terra del Vaticanesimo più intransigente. Tuttavia, da persona intelligente qual è, Brunetta ha già anticipato che non intende lottare per far passare la proposta con il rischio di scatenare una guerra civile. Sa benissimo che i teocratici in Parlamento sono tanti, i cattolici ancor di più, e sono sia a destra sia a sinistra, e si infiammano appena vengono proposti diritti in più per qualsiasi essere vivente che non sia contemplato nella Bibbia. Da uomo concreto e con i piedi per terra, ha affermato: "se la proposta porterà allo scontro, io rinuncio: il paese ha ben altri problemi, e il lavoro non ci manca". Come dargli torto?



sabato 20 settembre 2008

Sarah Palin tra paradiso e inferno

Sarah_palin2
Oggi ho deciso di spendere due parole sulla donna più chiaccherata del momento in ambito politico, prendendomi la libertà di qualificarne gli attributi di fascino dal mio personale punto di vista, quello di un ignorante di sinistra (come la cara Carlà). Seguo la politica statunitense da oltre un anno, ma mi ritengo comunque un ignorante. Per uscire dalla categoria dovrei continuare a seguire la politica e trasferirmi negli Stati Uniti per viverla in primo piano, sulla mia pelle; ma vista l'impossibilità di tale progetto, mi accontento del mio blog.



Sarah Palin.



Da dove inizio a descrivere Sarah Palin?



Da quando McCain l'ha scelta come altra estremità del suo ticket è diventata la donna più cliccata su internet. E' diventata la donna più criticata e gossippata del mondo. La sua page su facebook ha raggiunto quota 402mila supporters in meno di tre settimane. E' inutile dire che anche io ho subìto il suo fascino.



Ho sempre avuto un debole per le donne in politica. Soprattutto quelle che hanno sudato per guadagnarsi la visibilità e la reputazione (non come la Carfagna insomma). Quelle che hanno un curriculum politico in ascesa, che ritengo fermamente essere l'indice più rappresentativo non solo di intelligenza politica ma anche di buoni risultati. 



In particolare, ammiro Sarah Palin per la sua carriera fino a questo momento. Dapprima sindaco di questa piccola città di 7 mila abitanti, Wasilla, per due terms consecutivi. E poi Governatrice. Per essere eletta Governatrice deve averne fatte di cose buone da Sindaco, no? E poi anche il suo stato: l'Alaska, questo grande stato americano finora famoso solo per il petrolio e forse per essere stato il setting del film Into The Wild. Sono tre cose che affascinano, politicamente.



E poi c'è la componente di genere: una donna. Il fatto che una persona di successo sia una donna dà sempre una carica di entusiasmo in più. Forse perché abbiamo ancora quest'idea che una donna in qualche modo debba sempre essere più forte, brillante e tenace di un uomo per arrivare in alto. Se davvero McCain l'ha scelta come contro-Hillary anche per intercettare i voti della sinistra moderata, beh, ha compiuto una scelta azzeccata.



Del fatto che sia mamma in realtà non me ne frega molto. In linea di massima credo che, se una donna di successo abbia voluto non avere figli o sfornarne otto, quelli siano affari suoi e non le diano né un vantaggio né uno svantaggio. Perciò non ne parlerò.



Infine, l'ultima componente di fascino di Sarah Palin è la sua coerenza. La coerenza dei suoi comportamenti con i suoi principi, che ognuno considera più o meno giusti o sbagliati. Certo, non ho fatto studi approfonditi sulla sua vita e l'unica sua biografia che ho letto è quella di Wikipedia, però trovo che il tanto pubblicizzato figlio dawn che ha voluto tenere senza abortire a 40 anni di età sia un esempio di quella coerenza, perché quella decisione ha un peso ed incide concretamente sulla sua vita. E' una coerenza che non è solo parlata come quella di tanti altri politici, ma è garantita da fatti.
E poi 3 giorni dopo il parto era già al lavoro. Per me questa è una notizia bomba incredibile che fa salire la sua immagine di mille punti.



Poi invece ci sono tutti i suoi principi, quei principi, in cui io non mi identifico in the slightest (neanche di striscio). La vicenda della povera figlia 17enne che sposa il giocatore di hockey che l'ha messa incinta mi fa inorridire. Che sia proprio volontà della 17enne o che invece sia un'imposizione della madre, poi, non lo sappiamo, e quindi non vado oltre. Ma il suo conservatorismo mi fa rabbrividire e rappresenta tutto ciò che sta agli antipodi di cuò in cui credo. E il fatto che lo propugni con una tale forza d'animo e decisione mi fa quasi paura. Mi sembra quasi un'indemoniata. L'incarnazione dell'inquisizione nel XXI secolo. Il malleus maleficarum fatto persona.



Sia mai che vincano ancora i Repubblicani.
Ma Sarah rimane comunque una figura capace di dare molta ispirazione.
Ed è bene che i Democrats ne tengano ben conto.



lunedì 15 settembre 2008

Il bambino russo e il bambino americano

Relations_large
Gli ultimi sviluppi internazionali dalla crisi Georgiana in poi non sono per nulla rassicuranti per il mondo intero. La Russia continua la propria escalation di baldanzosità, come uno di quei bambini arroganti che si diverte a provocare il suo aminemico, pur sapendo (o forse proprio per quello) che a lui toccherà il ruolo di 'bambino cattivo' mentre all'altro verrà sempre attribuita la parte del 'bambino bravo'.



Ora, io credo che in quanto a cattiverie e meschinità sia gli Stati Uniti sia la Russia siano a pari livello. L'unica differenza è che la Russia, vuoi per ingenuità, stupidità o sincerità, non riesce a mascherarle. Ieri ho letto un articolo riguardante lo scontro Georgiano, in cui l'autore sottolineava il ruolo degli Stati Uniti nell'innescare il conflitto. Infatti, sosteneva l'autore, uno stato mignon come la Georgia non si sarebbe mai sognato di attaccare né tantomeno provocare l'acerrimo nemico e vicino russo se non fosse stata più che convinta di avere le spalle coperte dall'aiuto dell'intervento americano. Che è un'ipotesi che sta in piedi, secondo me. E mi meraviglio di non averla mai letta prima sui giornali.



Solo che, povera Georgia, l'intervento americano non c'è poi stato. Lo stesso autore sosteneva che tutto il trambusto fosse stato organizzato dall'amministrazione Bush per aumentare nell'opinione pubblica americana il senso di pericolo incombente di una prossima azione militare russa, in modo da avvantaggiare i Repubblicani nelle prossime elezioni, dato che la caratteristica principale del loro candidato John McCain è quella di essere stato un soldato (ormai dicono solo quello di lui). Questa spiegazione mi fa inorridire. Come gli interessi di un paio di persone possano arrivare a minare la stabilità di un territorio e di molte, molte altre persone che ora, mentre l'amministrazione repubblicana è nelle loro case di Wisteria Lane con le loro Stepford Wives, sono sfollate e in esilio nell'Ossezia del Nord piuttosto che in Azerbaigian.



E qui giungiamo al ruolo dell'Europa in tutto ciò. Sono contento del ruolo mediatore assunto da Strasburgo, e anche della parvenza di unanimità che in quest'occasione pare esserci stata nei 27 (anche se la Polonia rimane sempre la spina nel fianco), tuttavia mi sembra si stiano usando due pesi e due misure diverse a seconda della nostra convenienza. Mi riferisco in particolare al Kosovo. Quando quest'enclave reclamava l'indipendenza dalla Serbia, tradizionale alleato della Russia, tutta l'Europa e gli Stati Uniti hanno alzato le loro bandiere in nome del principio di diritto internazionale di autodeterminazione dei popoli. E via l'indipendenza al Kosovo. Per le repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud invece questo diritto non esisteva. Anzi, ci si è appellati ad un altro principio del diritto internazionale che predica l'integrità del territorio di uno stato sovrano, in questo caso di quello Georgiano. Ma perché questa differenza di trattamento allora? Quando ci sono di mezzo i nostri amici, allora li favoriamo, e quando possiamo mettere i bastoni tra le ruote dei nostri nemici, allora lo facciamo? Non è questa l'Europa in cui voglio crescere.



E la Russia continua a cascare come una polla in tutti questi giochetti del mondo occidentale. I Russi hanno un orgoglio così vivo per il loro precedente status di superpotenza mondiale che non riescono a ragionare con lucidità. Un po' come i torinesi e l'orgoglio per il loro passato di capitale, insomma. Gli Stati Uniti continuano a stuzzicare Mosca, che non chiede di meglio per mostrare i propri muscoli. Ma questo non è un gioco. Washington e Mosca non sono due bambini. Al contrario, di vite (e di bambini veri) a rischio ce ne sono molte, e per ogni 'piccolo' scontro di nuova guerra fredda tra i due, sono sempre i civili a rimetterci. USA e Russia non si rendono conto che continuare a stuzzicarsi a vicenda non può dar luce a niente di buono. E non si rendono conto che, qualora un conflitto dovesse aprirsi, sicuramente non ci sarebbe vincitore alcuno: saremmo tutti perdenti. E morti.




martedì 9 gennaio 2007

Vogliamo davvero la Turchia in Europa?

Eu_flag2b



Il discorso di Napolitano di oggi in occasione della visita del Presidente turco mi ha fatto tornare nuovamente a pensare a questo fantomatico allargamento dell'Unione Europea. Non che fosse passato troppo tempo dall'ultima volta in cui ne ho discusso, solo che fino alla settimana scorsa gli oggetti della discussione erano Romania e Bulgaria.



Romania e Bulgaria, per quanto paesi senza ombra di dubbio europei, il cui ingresso ha suscitato molte perplessità da parte dell'opinione pubblica del paese. Non ho letto alcun giornale straniero recentemente, ma credo che simili perplessità siano state suscitate anche negli altri paesi dell'Unione dato che si sta pensando ora ad indire un referendum per ogni futura eventuale ammissione nella comunità, cosa che francamente mi solleva, e non poco.



Sono certo noti i casi di malavita romena diffusa a Torino e nella sua cintura, i problemi sempiterni con i Rom che, ora, quando si andrà a scacciarli via dai loro campi nomadi, potranno sventolare beatamente il loro passaporto europeo reclamando il diritto di risiedere liberamente qui in Italia. Certo, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, sacrosanto. Tuttavia è anche doveroso evitare di nascondere che questi problemi ci sono, e potrebbero tendere ad aumentare con l'estensione dell'area Schengen.



Non oso pensare a cosa possa succedere in seguito ad un eventuale ingresso della Turchia.

Ingresso a cui, allineandomi stranamente alle posizioni della destra, non sono favorevole. Se non fosse altro che per ragioni storiche e geografiche: la Turchia non ha che il 10% del suo territorio in Europa, l'impero Ottomano è stato sì influente nei Balcani fino alla Prima Guerra Mondiale, ma la cultura di cui si è fatto portatore non è europea, non condivide i valori europei e certamente non è uno Stato che fa della democrazia e della tutela delle libertà un suo punto forte.



Credo che ci siano già abbastanza questioni da risolvere sia in Europa [vedi il grandissimo punto fermo sulla costituzione europea] sia ancora nei singoli stati che ne fanno parte [non ultima l'attuazione della raccomandazione europea di attuare norme di tutela sulle coppie di fatto, visto che proprio noi in Italia siamo il fanalino di coda dei 27]. Forse sarebbe bene pensare a raddrizzare queste cose prima di aggiungere altra carne al fuoco.



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...