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sabato 20 settembre 2008

Sarah Palin tra paradiso e inferno

Sarah_palin2
Oggi ho deciso di spendere due parole sulla donna più chiaccherata del momento in ambito politico, prendendomi la libertà di qualificarne gli attributi di fascino dal mio personale punto di vista, quello di un ignorante di sinistra (come la cara Carlà). Seguo la politica statunitense da oltre un anno, ma mi ritengo comunque un ignorante. Per uscire dalla categoria dovrei continuare a seguire la politica e trasferirmi negli Stati Uniti per viverla in primo piano, sulla mia pelle; ma vista l'impossibilità di tale progetto, mi accontento del mio blog.



Sarah Palin.



Da dove inizio a descrivere Sarah Palin?



Da quando McCain l'ha scelta come altra estremità del suo ticket è diventata la donna più cliccata su internet. E' diventata la donna più criticata e gossippata del mondo. La sua page su facebook ha raggiunto quota 402mila supporters in meno di tre settimane. E' inutile dire che anche io ho subìto il suo fascino.



Ho sempre avuto un debole per le donne in politica. Soprattutto quelle che hanno sudato per guadagnarsi la visibilità e la reputazione (non come la Carfagna insomma). Quelle che hanno un curriculum politico in ascesa, che ritengo fermamente essere l'indice più rappresentativo non solo di intelligenza politica ma anche di buoni risultati. 



In particolare, ammiro Sarah Palin per la sua carriera fino a questo momento. Dapprima sindaco di questa piccola città di 7 mila abitanti, Wasilla, per due terms consecutivi. E poi Governatrice. Per essere eletta Governatrice deve averne fatte di cose buone da Sindaco, no? E poi anche il suo stato: l'Alaska, questo grande stato americano finora famoso solo per il petrolio e forse per essere stato il setting del film Into The Wild. Sono tre cose che affascinano, politicamente.



E poi c'è la componente di genere: una donna. Il fatto che una persona di successo sia una donna dà sempre una carica di entusiasmo in più. Forse perché abbiamo ancora quest'idea che una donna in qualche modo debba sempre essere più forte, brillante e tenace di un uomo per arrivare in alto. Se davvero McCain l'ha scelta come contro-Hillary anche per intercettare i voti della sinistra moderata, beh, ha compiuto una scelta azzeccata.



Del fatto che sia mamma in realtà non me ne frega molto. In linea di massima credo che, se una donna di successo abbia voluto non avere figli o sfornarne otto, quelli siano affari suoi e non le diano né un vantaggio né uno svantaggio. Perciò non ne parlerò.



Infine, l'ultima componente di fascino di Sarah Palin è la sua coerenza. La coerenza dei suoi comportamenti con i suoi principi, che ognuno considera più o meno giusti o sbagliati. Certo, non ho fatto studi approfonditi sulla sua vita e l'unica sua biografia che ho letto è quella di Wikipedia, però trovo che il tanto pubblicizzato figlio dawn che ha voluto tenere senza abortire a 40 anni di età sia un esempio di quella coerenza, perché quella decisione ha un peso ed incide concretamente sulla sua vita. E' una coerenza che non è solo parlata come quella di tanti altri politici, ma è garantita da fatti.
E poi 3 giorni dopo il parto era già al lavoro. Per me questa è una notizia bomba incredibile che fa salire la sua immagine di mille punti.



Poi invece ci sono tutti i suoi principi, quei principi, in cui io non mi identifico in the slightest (neanche di striscio). La vicenda della povera figlia 17enne che sposa il giocatore di hockey che l'ha messa incinta mi fa inorridire. Che sia proprio volontà della 17enne o che invece sia un'imposizione della madre, poi, non lo sappiamo, e quindi non vado oltre. Ma il suo conservatorismo mi fa rabbrividire e rappresenta tutto ciò che sta agli antipodi di cuò in cui credo. E il fatto che lo propugni con una tale forza d'animo e decisione mi fa quasi paura. Mi sembra quasi un'indemoniata. L'incarnazione dell'inquisizione nel XXI secolo. Il malleus maleficarum fatto persona.



Sia mai che vincano ancora i Repubblicani.
Ma Sarah rimane comunque una figura capace di dare molta ispirazione.
Ed è bene che i Democrats ne tengano ben conto.



lunedì 15 settembre 2008

Il bambino russo e il bambino americano

Relations_large
Gli ultimi sviluppi internazionali dalla crisi Georgiana in poi non sono per nulla rassicuranti per il mondo intero. La Russia continua la propria escalation di baldanzosità, come uno di quei bambini arroganti che si diverte a provocare il suo aminemico, pur sapendo (o forse proprio per quello) che a lui toccherà il ruolo di 'bambino cattivo' mentre all'altro verrà sempre attribuita la parte del 'bambino bravo'.



Ora, io credo che in quanto a cattiverie e meschinità sia gli Stati Uniti sia la Russia siano a pari livello. L'unica differenza è che la Russia, vuoi per ingenuità, stupidità o sincerità, non riesce a mascherarle. Ieri ho letto un articolo riguardante lo scontro Georgiano, in cui l'autore sottolineava il ruolo degli Stati Uniti nell'innescare il conflitto. Infatti, sosteneva l'autore, uno stato mignon come la Georgia non si sarebbe mai sognato di attaccare né tantomeno provocare l'acerrimo nemico e vicino russo se non fosse stata più che convinta di avere le spalle coperte dall'aiuto dell'intervento americano. Che è un'ipotesi che sta in piedi, secondo me. E mi meraviglio di non averla mai letta prima sui giornali.



Solo che, povera Georgia, l'intervento americano non c'è poi stato. Lo stesso autore sosteneva che tutto il trambusto fosse stato organizzato dall'amministrazione Bush per aumentare nell'opinione pubblica americana il senso di pericolo incombente di una prossima azione militare russa, in modo da avvantaggiare i Repubblicani nelle prossime elezioni, dato che la caratteristica principale del loro candidato John McCain è quella di essere stato un soldato (ormai dicono solo quello di lui). Questa spiegazione mi fa inorridire. Come gli interessi di un paio di persone possano arrivare a minare la stabilità di un territorio e di molte, molte altre persone che ora, mentre l'amministrazione repubblicana è nelle loro case di Wisteria Lane con le loro Stepford Wives, sono sfollate e in esilio nell'Ossezia del Nord piuttosto che in Azerbaigian.



E qui giungiamo al ruolo dell'Europa in tutto ciò. Sono contento del ruolo mediatore assunto da Strasburgo, e anche della parvenza di unanimità che in quest'occasione pare esserci stata nei 27 (anche se la Polonia rimane sempre la spina nel fianco), tuttavia mi sembra si stiano usando due pesi e due misure diverse a seconda della nostra convenienza. Mi riferisco in particolare al Kosovo. Quando quest'enclave reclamava l'indipendenza dalla Serbia, tradizionale alleato della Russia, tutta l'Europa e gli Stati Uniti hanno alzato le loro bandiere in nome del principio di diritto internazionale di autodeterminazione dei popoli. E via l'indipendenza al Kosovo. Per le repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud invece questo diritto non esisteva. Anzi, ci si è appellati ad un altro principio del diritto internazionale che predica l'integrità del territorio di uno stato sovrano, in questo caso di quello Georgiano. Ma perché questa differenza di trattamento allora? Quando ci sono di mezzo i nostri amici, allora li favoriamo, e quando possiamo mettere i bastoni tra le ruote dei nostri nemici, allora lo facciamo? Non è questa l'Europa in cui voglio crescere.



E la Russia continua a cascare come una polla in tutti questi giochetti del mondo occidentale. I Russi hanno un orgoglio così vivo per il loro precedente status di superpotenza mondiale che non riescono a ragionare con lucidità. Un po' come i torinesi e l'orgoglio per il loro passato di capitale, insomma. Gli Stati Uniti continuano a stuzzicare Mosca, che non chiede di meglio per mostrare i propri muscoli. Ma questo non è un gioco. Washington e Mosca non sono due bambini. Al contrario, di vite (e di bambini veri) a rischio ce ne sono molte, e per ogni 'piccolo' scontro di nuova guerra fredda tra i due, sono sempre i civili a rimetterci. USA e Russia non si rendono conto che continuare a stuzzicarsi a vicenda non può dar luce a niente di buono. E non si rendono conto che, qualora un conflitto dovesse aprirsi, sicuramente non ci sarebbe vincitore alcuno: saremmo tutti perdenti. E morti.




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