lunedì 25 gennaio 2010

Regionali Piemonte 2010, due nuovi sondaggi

Uno, di SpinCon, dà Bresso in largo vantaggio:

Cota (CDX): 42,1%
Bresso (CSX+UDC): 48,8%
Indecisi: 9,1%

Il secondo, di Gio, con un campione di 600 elettori, dà il risultato opposto:

Cota (CDX): 50,4%
Bresso (CSX+UDC): 47,5%
Candidato PCL: 1,1%
Altri: 1%

Troppo ottimistico per il csx il primo, a mio parere, mentre il secondo non tiene conto del terzo polo di Rabellino che rosicchia qualche voto a Cota.

domenica 24 gennaio 2010

Tutta colpa di Pietro Micca

Splendido articolo di W. Barberis su La Stampa.it di oggi:

Sono trascorsi più di cinquant’anni, da quando i primi immigrati dal Mezzogiorno venivano accolti a Torino dai commenti sarcastici dei piemontesi più gelosi del loro particolarismo: «Tutta colpa di Garibaldi», dicevano alcuni, con chiara allusione all’Unità nazionale e ai suoi personaggi chiave. «Tutta colpa di Pietro Micca», rincarava la dose chi pensava di poter dire che, se Torino fosse caduta in mano francese nel 1706, allora il problema si sarebbe risolto alla radice. Torino sarebbe diventata a sua volta Mezzogiorno, della Francia, ma questo era un pensiero che evidentemente non si affacciava. Rimaneva intatto, viceversa, il mito di Pietro Micca salvatore della patria piemontese; era ancora viva cioè la tradizione che voleva il minatore di Andorno decisivo nella soluzione dell’assedio francese a Torino nel 1706. A distanza di due secoli e mezzo.

È curioso che, all’epoca dei fatti, nessuno riconobbe la morte di Pietro Micca come fattore decisivo: tutti tributarono grandi meriti a Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, che con accorte alleanze aveva saputo condurre il Piemonte sabaudo contro le armate di Luigi XIV; e celebrarono il principe Eugenio che, alla guida delle armate imperiali, era corso da Vienna a Torino giusto in tempo per evitare il peggio. Grandi lodi furono cantate ai Torinesi, che avevano saputo resistere alla stretta dell’assedio con ordine, pazienza, abnegazione e sacrificio personale: avevano provveduto all’ammasso dei generi alimentari senza sprechi, senza far lievitare i prezzi; avevano spesso pagato di tasca propria per far fronte ai costi immensi della guerra; avevano diligentemente evacuato le zone più esposte ai bombardamenti francesi, stringendosi nelle case più lontane dai tiri d’artiglieria; avevano accettato di formare una milizia cittadina in appoggio alla guarnigione a difesa della città. Insomma, si erano comportati esemplarmente. E poi si riconobbe la valentìa delle truppe piemontesi e la sagacia dei comandanti.

Pietro Micca, lì per lì, rimase fra coloro che persero la vita come prezzo inevitabile di una guerra; anche se, nella fattispecie, l’episodio di cui era stato protagonista aveva avuto qualche rilievo, impedendo a una avanguardia di francesi di penetrare nella cittadella della città. Ma nulla di più. Peraltro, nessuno parlava esplicitamente di sacrificio, perché era difficile stabilire - allora come ora - se Micca avesse acceso la miccia consapevole di rischiare la vita oppure confidando di potersi riparare in tempo. Incidente o martirio, imprudenza o eroismo, la morte di un minatore, di una «talpa», non fece grande notizia. In un assedio, la parte del leone la facevano loro, i minatori, che scavano indefessamente gallerie di mina e di contromina, allo scopo di farsi saltare in aria vicendevolmente: gli assedianti per aprirsi un varco di accesso alla città, gli assediati per respingere il nemico e fermarlo prima che arrivi ai bastioni.

Vi è anche da considerare che, nell’apparato militare sabaudo, di tradizioni robuste fin dai tempi di Emanuele Filiberto, aveva un certo peso un pregiudizio sfavorevole nei confronti degli artiglieri e di tutti coloro che svolgevano mansioni «operaie» collegate alla logistica, al genio, all’architettura e all’ingegneria militari. Queste persone, per quanto indossassero un’uniforme, era considerate accessorie e lontane dall’ethos cavalleresco così gelosamente interpretato dagli aristocratici che occupavano, di fatto, tutte le piazze di comando dell’armata piemontese. L’arte della guerra era l’unica attività che si confacesse a un nobile, mentre qualunque altra funzione che richiedesse studio o applicazione tecnica, per non dire manuale, era considerata ars mecanica, cioè qualcosa di molto lontano dalla nobiltà, da una condizione che si riteneva trasmessa col lignaggio, col sangue, irraggiungibile con altri mezzi. Dunque, anche all’interno dell’esercito vigeva una gerarchia secondo la quale la cavalleria era l’arma che più si confaceva alla condizione aristocratica, quindi seguivano le fanterie e in ultima posizione - possibilmente in ruoli difensivi, sugli spalti delle fortezze, ma senza alcun peso su un campo di battaglia - le artiglierie. Era una questione ideologica, profondamente radicata, esemplare della gerarchia sociale e culturale della società sabauda.

Nel corso del Settecento, pur sempre isolati e residuali nell’armata sabauda, gli artiglieri si sarebbero applicati a studi importanti di fisica e chimica, di architettura e ingegneria. Ma i nobili in uniforme non ne vollero sapere: di conseguenza, tutte quelle esperienze scientifiche rifluirono nella vita civile, fornendo conoscenze e macchinari alle prime industrie tessili e meccaniche piemontesi. Verso la fine del secolo, negli anni 80, quel nucleo di artiglieri, con la protezione di Vittorio Amedeo III, fondò l’Accademia delle Scienze di Torino, diventando un avamposto scientifico e tecnologico di prima grandezza in Europa. Ininfluente nell’esercito, si trasformò in un centro di ricerca assai utile per lo sviluppo del settore industriale.

Intanto, era passato un secolo dall’assedio di Torino e nuove prospettive politiche portavano il Piemonte a guardare all’Italia. Fu in quel giro d’anni che venne riscoperto Pietro Micca, considerato allora come l’antesignano di una resistenza alla Francia e un protomartire della causa risorgimentale italiana. Oltre che la figura esemplare di un gesto eroico che prescindeva dalla nobiltà dei natali. Questo ritratto popolare traversò indenne l’Ottocento e il Novecento. E oggi possiamo ben dire che non fu colpa, ma merito di Pietro Micca e dei suoi colleghi artiglieri, se Torino divenne il centro scientifico e tecnologico più importante d’Italia e la sede della più rinomata industria metalmeccanica italiana.

sabato 23 gennaio 2010

Sì TAV

Domani, Lingotto, Sala Gialla, ore 10.00.

5 anni di osservatorio.
5 anni di compromessi trovati insieme.
5 anni di ritardi clamorosi rispetto alla Maurienne.

Credo sia il caso di dire basta.

Valori cristiani

Ma così, a occhio, è più vicina agli insegnamenti del Cristianesimo una Emma Bonino che ha fatto infinite campagne contro la fame nel mondo e contro la pena di morte, o quei cardinali che passano le giornate a stabilire regole su come far sesso, come morire, come limitare la ricerca scientifica e quali modalità imporre per la procreazione?

(via piovonorane)

Regionali Piemonte 2010, per Piepoli/La Stampa Bresso avanti

Oggi sulle pagine locali delle province piemontesi de La Stampa sono presentati i risultati dell'ultimo sondaggio dell'istituto Piepoli per il quotidiano torinese sulle intenzioni di voto per le regionali di marzo. Il sondaggio è stato condotto nei giorni scorsi su un campione di 800 persone.


Voto di Lista

CENTRO DESTRA: 47%
- POPOLO DELLA LIBERTA': 31%
- LEGA NORD: 16%

CENTRO SINISTRA + UDC: 47,5%
- PARTITO DEMOCRATICO: 32%
- ITALIA DEI VALORI: 6%
- UNIONE DI CENTRO: 5,5%
- SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA': 1%
- VERDI: 1%

- RADICALI: 2%

COMUNISTI (RC, PDCI): 2%

ALTRI: 3%

Quel 32% del Partito Democratico mi lascia fortemente perplesso: quella percentuale è raggiungibile a Torino città e in Provincia, ma si sa che il Piemonte è una regione di centrodestra e il PDL sarà sicuramente il primo partito.
Per battere il cdx in una regione di cdx, al csx è necessaria una forte mobilitazione alle urne dell'elettorato e, soprattutto, un candidato forte, e la Bresso si conferma tale su tutti i seguenti parametri:

Candidati Presidente - intenzioni voto:
Cota (CDX) 45%
Bresso (CSX+UDC): 47%
Altri: 8%

Conoscenza Candidati:
Cota (CDX) 66%
Bresso (CSX+UDC): 83%

Fiducia:
Cota (CDX) 43%
Bresso (CSX+UDC): 60%

Percezione Profilo - Determinazione:
Cota (CDX) 65%
Bresso (CSX+UDC): 70%


Percezione Profilo - Onestà:
Cota (CDX) 57%
Bresso (CSX+UDC): 70%

Percezione Profilo - "Fa sognare un futuro migliore":
Cota (CDX) 41%
Bresso (CSX+UDC): 52%

Percezione Profilo - "E' vicino alla gente":
Cota (CDX) 53%
Bresso (CSX+UDC): 55%


Infine Piepoli ha chiesto agli intervistati qual è in cuor loro il problema principale del Piemonte. Il 62% ha risposto la disoccupazione/mancanza di lavoro, seguita dai trasporti pubblici urbani (6%), la sanità (5%), l'inquinamento (4%) seguite da altri disagi con percentuali minori.

Ultima domanda, infine, sulla qualità della vita in Piemonte: il 75% la trova alta o abbastanza alta.

venerdì 22 gennaio 2010

Chiamparino: gli elettori non capiscono le alchimie tra partiti

Link all'intervista a Chiamparino
"Il Pd si e' messo in una situazione rischiosa, per le regionali stanno prevalendo logiche che gli elettori non capiscono - riporta REPUBBLICA -. E' una situazione rischiosa, dovuta a una linea politica incerta. Il rapporto con l´Udc? Necessario, ma non si puo' delegare la leadership del Pd. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, ospite ieri di Repubblica Tv, non usa troppe diplomazie per giudicare la "fase" che sta vivendo il Pd.

Sindaco, non le sembra che il Pd stia "subendo" troppo l´iniziativa altrui? I diktat dell´Udc, la candidatura esterna della Bonino nel Lazio…

'E´ difficile non vedere i rischi che si sono creati con la partita delle candidature. Vedo un´incertezza nella strategia politica generale del Pd. E questo tema andra' trattato, dopo le regionali'.

Ma lei e' favorevole agli accordi con l´Udc?
'Si possono cercare intese, ma non si puo' "esternalizzare" la leadership del Pd. Io credo in un´alleanza ampia che riguardi tutto il centrosinistra. Pero' non puo' essere una semplice somma di partiti. Per le regionali bisognava far crescere dal basso, regione per regione, un nuovo partito federale. Ma non c´e' stato il tempo. Credo che si debba fare in futuro'.

In Puglia molti hanno l´impressione di vedere un Pd preda di una specie di "sindrome" da laboratorio politico. E' cosi'? 'Se parliamo di laboratori, allora guardiamo al Piemonte. Abbiamo una presidente uscente che ha ben governato. E anche l´Udc ha capito che c´erano tutte le condizioni per una convergenza. E´ questo il punto: un governatore ha fatto bene o male? Se ha fatto bene continua. Le alchimie interne dei partiti non pagano. La gente non le capisce'.

Lo stesso principio secondo lei andava applicato in Puglia?
'Certo. Se ci fosse, per ipotesi, una ragione per chiedere a Vendola di farsi da parte, dovrebbe essere perche' non ha governato bene, non perche' e' sgradito all´Udc'". "Per questo lei non si e' candidato in Piemonte? 'Si darebbe dato il segnale che la Bresso non ha governato bene. Segnale sbagliato'.

E se in Puglia il Pd perdesse?
'Vedremo. Ognuno si assume la sua responsabilita''.

Bersani aveva detto: la via maestra e' quella delle primarie.
'Le primarie vanno benissimo per la scelta di candidati a sindaco e governatore. Piu' che per le cariche interne al partito. Le primarie sono la strada maestra di fronte alla societa' civile'.

Il Pd registra segnali negativi negli ultimi sondaggi. Perche'?
'Per le incertezze di linea che sono venute fuori nelle varie regioni. Che si possono recuperare, ma non sono da sottovalutare. E´ un campanello d´allarme che va tenuto in considerazione'.

Si ipotizza un ritorno all´immunita' dei parlamentari. Cosa ne pensa?
'Non e' in sintonia con il sentire della gente. Per le piu' alte cariche dello Stato, si puo' discutere di una sospensione dei processi. Sempre pero' ad esclusione dei procedimenti in corso'.

Il processo breve invece li include.
'Se si vogliono evitare le leggi ad personam, basta un codicillo: escludere i processi in corso. E´ talmente palese che qui si tratta di legge ad personam e non c´e' base per il confronto. Rischia di essere un´amnistia strisciante'.

Domenica lei andra' alla manifestazione -
conclude REPUBBLICA - "Si' Tav". Perche'? 'La Tav e' una scelta strategica per il futuro dell´Italia. Sara' l´opera piu' monitorata dal punto di vista ambientale. E i manifestanti che si oppongono, quando gli va bene, sono alcune centinaia. Non a caso la gente della Val di Susa ha preferito, alle elezioni, chi sostiene la Tav. Non riesco a capire le critiche da sinistra. Comunque state certi: sulla Tav non si torna indietro'".
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